Centenario della nascita di BERTINA LOPES
ricordo di Anna Fresu
Bertina Lopes era nata in Mozambico l’11 luglio 1924 ma per molti anni, fino alla fine, nel 2012, ha vissuto a Roma in una bella casa in via XX Settembre. Lì accoglieva spesso gli amici, quelli di sempre e i sempre nuovi, col tradizionale “prosecchino”, effervescente e sincero come lei. In quella casa-atelier, le cui pareti portavano traccia di tutti coloro che vi erano passati, come il poeta Craveirinha, il presidente Chissano, Carlo Levi, Enrico Berlinguer, e tanti altri. Tutti avevano lasciato su quelle pareti segni tracciati a matita della loro stima e del loro affetto. Lì erano stati accolti rifugiati della dittatura di Salazar, combattenti per l’indipendenza delle ex colonie portoghesi, intellettuali, artisti, semplicemente amici. Lì si erano riuniti per parlare di pace, per aiutare a costruirla negli anni della guerra tra Frelimo e Renamo in Mozambico.
Lì si erano versate lacrime, dipinti girasoli di speranza.
Mamma B. la chiamavano, per il suo calore e la sua accoglienza, grande donna e grande artista. Mozambicana trapiantata a Roma negli anni ’60, cittadina italiana in seguito al matrimonio con Franco Confalone; cittadina del mondo. Ma soprattutto, sempre, mozambicana. Legata alla sua terra, alla sua storia, alle sue origini. Ai suoi poeti, come Noémia de Sousa, José Craveirinha, Rui Nogar, Virgilio de Lemos che aveva sposato e con cui aveva avuto due figli, che tanto hanno ispirato la sua pittura, la sua arte.
Come già José Craveirinha e Noémia de Sousa con la loro poesia, anche Bertina Lopes, con la sua pittura, con la sua arte fa una scelta precisa di appartenenza. Pur consapevole di appartenere a due territori e a due culture, il Mozambico e l’Africa, il Portogallo e l’Europa, Bertina sceglie di riconoscersi nel mondo degli oppressi, dei colonizzati, di coloro che rivendicano indipendenza e libertà; che conciliano riti antichi, tradizione e modernità, che affermano il desiderio di pace e di uguaglianza. Bertina grida la propria appartenenza, attraverso i suoi colori vividi, le sue geometrie, i richiami delle danze, la violenza delle immagini, i suoi totem: ma al tempo stesso rivendica la sua soggettività, la sua libertà individuale, il rifiuto della stasi, la sua tensione al continuo cambiamento
Ci manca Bertina, il suo entusiasmo, il suo umore, la sua allegria che così bene si mescolava con la tristezza. Manca la sua capacità di credere che un altro mondo è possibile, al di là delle guerre, delle ideologie, del dolore, delle piccole grandi avventure degli umani.
Ci manca il suo sorriso. Resta la sua Arte.
Notizie più "fredde" e dettagliate su questa grande artista, sul suo importante percorso, sulle sue mostre e riconoscimenti potrete trovarle in rete. Io ho voluto lasciare qui un mio ricordo personale, il mio debito di affetto e di stima.