Donato Ndongo, Il metrò, (recensione di Giulia De Martino)

altGuinea Equatoriale

Donato Ndongo, Il metrò

Edizioni Gorée, 2010

 

Chi frequenta il nostro sito o legge i testi che noi indichiamo dovrà porre particolare attenzione al libro di cui ci accingiamo a parlare: in Italia è la prima traduzione e presentazione di uno scrittore della Guinea Equatoriale, ex-colonia spagnola.

Chiaramente la sua provenienza ci spiega il ritardo italiano: la Guinea Equatoriale è un piccolissimo paese sconosciuto alla gran parte degli italiani, anche se l'Italia vi intrattiene rapporti commerciali, dato che il paese è il terzo produttore africano di petrolio e gas naturali e ha fruttato lucrosi accordi con la grande industria italiana.

Ma tutti sanno che si tratta della peggiore dittatura africana dal 1968, anno dell'indipendenza dalla Spagna, legata alla famiglia Nguema, per cui si è parlato di un vero e proprio afrofascismo.Nella prefazione della traduttrice si trovano altri dati interessanti su questo paese, sulle sue pessime condizioni attuali, sul fuoriuscitismo di molti intellettuali e democratici, come Ndongo, che vivono in Spagna con la quale condividono la lingua. Probabilmente è l'unico paese ex-colonizzato a rimpiangere i tempi del colonialismo, dal momento che presenta problemi comuni a molti altri stati africani (classi dirigenti rapaci, corruzione, alto divario sociale ecc.) ma centuplicati all'ennesima potenza, proprio grazie alla non conoscenza che si ha di questo paese nel mondo occidentale e della scarsa reazione dei paladini dei diritti umani nel mondo.

Dunque un altro tassello viene a congiungersi al mosaico generale e anche un'altra lingua, oltre le lingue africane, l'inglese, il francese, il portoghese. Il testo è poderoso, dato che si tratta di 400 pagine, ma scorre via veloce, per una impostazione fortemente emotiva che pone il lettore al centro delle azioni,  dei pensieri, dei sentimenti del protagonista Lambert Obama Ondo.

La particolarità di non possedere nessun dialogo, omaggio massimo alla tradizione orale narrativa africana, pone sullo stesso piano di attenzione sia le avventure del personaggio sia le parti di riflessione politica, culturale e di conoscenza antropologica, quest' ultime in corsivo, come avvertenza al lettore. Non ci si annoia mai, qualche volta siamo dentro l'autore che ragiona, qualche volta siamo dentro i pensieri di Obama Ndongo, che non è un intellettuale e si chiede le cose come se le può domandare un contadino non particolarmente scolarizzato, a volte in modo anche molto ingenuo. Ci sono delle parti che sono un seguito incalzante di interrogativi che lasciano noi e il protagonista senza fiato.

Il capitolo 1 e il 19 si connettono circolarmente: la vicenda comincia con il migrante che ha già superato il viaggio dell'Atlantico e si trova ad esercitare il mestiere di ambulante nei pressi della stazione metro Lucero a Madrid, ma solo l'ultimo contiene il tragico e insensato finale. Dal capitolo 2 al 18 assistiamo alla rievocazione di come il protagonista sia arrivato fin lì, a partire dalla storia del matrimonio dei suoi genitori, come nella migliore tradizione narrativa classica.

Ma narrando la storia della famiglia Ndongo e dei suoi cambiamenti ci scorrono sotto gli occhi le trasformazioni del paese e dell'Africa intera, in modo particolare quelle che riguardano le strutture sociali e culturali tradizionali, cercando di puntare il dito non solo sulle eredità del colonialismo vecchio e nuovo, ma sulla responsabilità stessa degli africani di fronte a mutazioni epocali.

La prima parte si svolge tutta nel villaggio di Mbalmayo, in Camerun, presso il popolo yendjok dei fang (infatti non ci troviamo in Guinea Equatoriale, paese presentato di sfuggita attraverso il personaggio di Nena, esiliata equatò tra i fang ewondo a Yaundé, donna di suo cugino Nkony). E' una gustosa e ironica rievocazione dell'opera di missione del Padre Pierre Clavier e della sua evengelizzazione, forzata o meno della famiglia del capovillaggio Ebang Motuù, ancora durante gli anni della colonizzazione. Guadagnato il primogenito del capo, Ondo Ebang, il missionario pensa che tutto il villaggio seguirà nella conversione, senza rendersi conto che il capo, minacciato nel suo potere tradizionale scatenerà una guerra di logoramento con i religiosi e il figlio per la difesa delle tradizioni degli antenati. Ondo, pur non capendo nulla di teologia è affascinato dai riti e dal nitore che emana dalla chiesa e dalla abitazione dei religiosi: penserà prima di farsi prete, ma poi cederà al fascino dei sensi della dolce Oyana, sposandosi e divenendo il cuoco dei religiosi, con cui condividerà cibo e tetto per la sua numerosa prole. Solo in seguito alla mancanza di un catechista nel suo villaggio tornerà a Mbalmayo, a dividere la sorte misera dei suoi compaesani, anche se ai loro occhi resterà sempre un privilegiato. La conversione della maggioranza avverrà con gli anni '60 con Martin Essomba, il primo prete nero seguace del concilio vaticano II, figura controversa di religioso che saprà tradurre la spiritualità cristiana conciliandola con quella tradizionale, odiato anche dal potere per il suo parlar chiaro nei confronti delle classi dirigenti.

E' con il ritorno al paese natìo che inizierà la vicenda del figlio Obama, battezzato Lambert, del suo amore per Anna Mengue, della morte della madre, la sempre compianta Oyana Dorothée, così verrà apostrofata per tutto il romanzo, dei comportamenti diversi che lui assumerà di fronte ai problemi che gli si porranno davanti. Passerà da un ossequio assoluto agli antenati, in odio al padre, debole e sottomesso, quasi servile, al rifiuto della tradizione, quando sarà costretto a lasciare Anna Mengue e la figlia da lei avuta, dato che il padre Ondo e la madre di Anna, entrambi vedovi, hanno deciso di sposarsi, impedendo di fatto, in questo modo, il suo legame con la ragazza, a detta  degli anziani del villaggio.

 Le riflesssioni sulle donne e  sulla poligamia occupano gran parte del romanzo anche nella seconda parte, quando affronta il problema delle economie informali e della straordinaria risorsa rappresentata dalle donne, che oggi, sono diventate autonome, non per qualche cambiamento delle leggi ma per un fatto esclusivamente economico. Sono le uniche che in tutto il continente riescono a sfamare la famiglia e in molti casi a far studiare i figli.

Comincia la peregrinazione di Lambert, la sua acquisizione di fatti, pensieri e persone, assai differenti dalla tranquilla e passiva vita del villaggio.

A Yaundé, si accorge della terribile paura della stregoneria che alberga nel suo animo e in quella di molti altri: a indipendenza avvenuta, a problemi avanzati e quasi insormontabili è più facile rispondere con la stregoneria, attribuire cioè a forze occulte esterne l'andamento dei destini, piuttosto che imparare a lottare tutti insieme contro i veri responsabili delle disgrazie del popolo. Ma questo lo capirà dopo Lambert Obama, a Douala, il grande porto, dove vedrà suo cugino Ntogo, picchiato e ridotto all'impotenza per la sua attività di sindacalista dei diritti sociali dei portuali. A Douala viene anche a conoscenza della triste sorte di Anna Mengue che si prostituisce proprio al porto per mantenere se stessa e sua figlia dopo la fuga di Obama e la profonda disillusione provata nei confronti degli uomini. Però Ondo Obama cerca di rifarsi una vita sentimentale con Sylvie, anche se la sensualità e il sentimento provati per Anne lo perseguiteranno per tutta la vita. Ma ancora una volta la malasorte si accanisce contro di lui: è costretto a scappare, quale parente diNtogo non potrà più lavorare e sarà addidato come un possibile sovversivo  da un potere costretto ad affrontare il malcontento popolare, in seguito alla grande inflazione conseguita alla svalutazione del denaro. Sono gli ultimi sussulti, infatti, dopo gli aggiustamenti strutturali richiesti dagli organismi internazionali per contenere la spesa pubblica e la corruzione, solo una dura repressione sarà la risposta alle domande popolari: perché a pagare sono solo le classi medie e i poveri, mentre i dirigenti e la schiera dei loro innumerevoli parenti si arricchisce sempre più?

A questo punto Lambert Obama si accoda a quanti pensano che l'emigrazione sia l'unica possibilità di sopravvivenza. Affronterà i viaggi, abbandonando ancora una volta una donna e un bimbo in arrivo, ma questa volta decidendo con lei.

Il romanzo si trasforma in un on-the road dell'orrore: la precisione dei particolari tiene inchiodato il lettore come in un film agghiacciante e seguiamo il nostro protagonista da Douala a Casablanca, da El Ayoun a Lanzarote, da Madrid a Torre Pacheco nella Mursia, con ogni mezzo e con ogni compagnia. Si lega di una profonda amicizia con un senegalese: le differenze etniche, fuori e all'interno di uno stesso paese, lo fanno parecchio pensare.

Non riveliamo tutto, per non perdere il fascino della immersione della scoperta su come andrà a finire. Diciamo solo che in Spagna, oltre ai problemi di ambientamento e di razzismo, assistiamo alla trafila burocratica vessatoria per la regolarizzazione, che in Italia conosciamo assai bene, volta a scoraggiare le richieste e mantenere una riserva di manodopera clandestina, buona per i padroni delle grandi serre agricole della Murcia, una sorta di Rosarno spagnola.

Quale significato ha, in definitiva, per Lambert Obama Ondo, l'avventura europea? Il nostro protagonista lo avverte soprattutto scendendo nelle viscere della metropolitana madrilena,  ogni giorno a contatto con i bianchi e con gli immigrati più svariati .

Lambert Obama ha affrontato un'Europa vera, alle prese con i problemi della gente comune, non un mitico eldorado da acquisire solo in virtù delle passate sofferenze coloniali, ha capito come il benessere costi lacrime e sangue a tutti, ha riflettuto se sia possibile non ripetere gli stessi errori degli occidentali. Non si tratta di sposare acriticamente la modernità, ma neanche di arroccarsi nella difesa di un passato, autentico finché si vuole, ma non del tutto adeguato a risolvere i problemi attuali degli africani, che devono essere in grado di rivalutare la tradizione, reinterpretandola in modo nuovo.

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