Femi Kayode - Il cercatore di tenebre - recensione a cura di Giulia De Martino

 

 

 

 

 

 

 Femi Kayode

 Il cercatore di tenebre

 Longanesi, 2021

 traduzione di Andrea Carlo Cappi

 

 Da tenere d’occhio questo nuovo scrittore nigeriano, attualmente residente in Namibia con la sua famiglia. Proviene da studi di psicologia forense, ha poi lavorato in pubblicità e in programmi tv ; il presente testo è il suo romanzo d’esordio, ormai tradotto in quasi tutto il mondo.

Una volta tanto siamo d’accordo con il titolo cambiato dell’edizione italiana: “Il cercatore di tenebre” in luogo dell’originale ” Lightseekers”, perché di luce se ne vede ben poca nel racconto, sia in senso figurato che in senso reale. Fin dall’inizio l’autore insiste molto su una ricorrenza negativa della vita in Nigeria: i continui blackout, il rumore dei generatori che entrano in sostituzione rimandano ad una società in cui le persone sono continuamente a contatto con il buio.  E il buio è ciò che incontra il protagonista nel tentativo di districare una vicenda ingarbugliata e letteralmente tenebrosa.

Apparentemente abbiamo tutto ciò che serve per un thriller avvincente: un detective, il suo ‘Watson’, uno sguardo distante che cerca di valutare l’attendibilità di testimoni e personaggi loschi, una serie di eventi criminosi su cui indagare. Ma...è appunto solo apparenza, niente è come sembra.

Il protagonista, un nigeriano per molti anni negli Usa, è un ricercatore in una università americana e si interessa, come psicologo, delle violenze commesse dalle folle in determinate circostanze di pressione emotiva. Non frequenta le stazioni di polizia, ma gli archivi per tentare di leggere correttamente alcuni comportamenti umani abnormi: i suoi studi hanno come base le cronache di linciaggi di neri nel sud degli Stati Uniti o delle grandi città americane attraversate dal razzismo. Non è un poliziotto, non è un eroe, è solo uno studioso innamorato del suo lavoro.

Il dottor Taiwo, questo il suo nome, viene spedito dall’anziano padre, un big dell’establishment di Lagos, nel paesino di Okriki (dove è accaduto un linciaggio di tre studenti della vicina università) per fare un favore al manager Emeka, figlio di un suo antico compagno d’università : lì è morto Kevin, il figlio amato di questo potente alto papavero che ha le mani in pasta in molteplici attività, alcune non del tutto lecite. Per inciso, la storia si rifà ad un episodio realmente successo il 5 ottobre 2012: quattro studenti dell’università di Port Harcourt furono linciati, bruciandoli vivi, dalla folla, falsamente accusati di furto. Un video dell’accaduto, divulgato dai social media, è stato diffuso in tutto il mondo, generando esecrazioni violente contro i nigeriani tutti, senza distinzioni

Il romanzo giallo classico cambia, nel caso in questione, di direzione: i numerosi video della vicenda, girati in tempo reale da testimoni diretti, fanno vedere chiaramente chi siano gli assassini, perciò non si tratta di indagare su ‘chi’ ha ucciso, ma ‘perché’. Solo questo può lenire il dolore cocente di un padre, sapere per quali motivazioni e circostanze ciò è potuto accadere. Il dottor Taiwo ha abbandonato a malincuore gli Stati Uniti per seguire la moglie avvocato che ha un anno sabbatico in una università a Lagos e accetta la proposta, anche se ha un rapporto ambiguo con il padre, di cui ha da poco scoperto la sua appartenenza, in gioventù, ad una setta segreta universitaria .

Occorre fare una piccola digressione sull’argomento,basandoci su un rapporto dell’EASO ( European asylum support office) del 2019 che cita i “culti universitari” o “confraternite” come bande criminali, caratterizzati da riti di iniziazione violenta e attività illegali: droga, estorsioni, rapimenti, tratta di esseri umani ecc. Si tratta dell’esito estremamente negativo di gruppi studenteschi che, all’indomani dell’indipendenza, si costituivano per scopo di mutuo aiuto e per coordinare iniziative legate allo sviluppo del paese. Con il tempo, diventate associazioni dei figli dei potenti locali, cui tutto era concesso, sono scivolate nell’esercizio di una vera e propria delinquenza. Il padre del protagonista nega che ai suoi tempi le cose fossero in questo modo, anche se si sono mantenuti i legami tra membri non sempre del tutto chiari.  Ma non solo per questo il dottor Philip Taiwo si tuffa nell’impresa, anche se dubbioso sulle sue qualità di detective: tornando a prendere sua moglie all’università ha intravisto, di nascosto da una finestra, proprio lei tra le braccia di un uomo. E’ stordito ma non vuole affrontare la situazione e la proposta del padre e di Emeka gli danno l’occasione di scappare e pensarci su.

Gli anni passati lontano dal suo paese lo mettono in una posizione di ‘straniero’, (l’”americano” lo chiamano) osservatore di costumi e modi di fare, che negli Usa avrebbe considerato insopportabili o delinquenziali, a partire dalla diffusa corruzione ad ogni livello, ai soprusi nel traffico, alla militarizzazione predisposta in ogni angolo del paese, alla polizia che considera normale arrangiare lo stipendio con le mazzette, alle università arroccate in difesa di privilegi inauditi.

Gli viene affiancato Chika, un autista di Emeka, come aiuto nel disbrigo delle faccende burocratiche che non finiscono mai e rendono la vita difficile a chi non vi è più abituato, come il nostro psicologo. Ben presto gli eventi che accadono e il modo rapido e sicuro con cui se la sbroglia, in molte occasioni, il cosiddetto ‘autista’, fanno comprendere che il suo ruolo è ben diverso e l’ombra del sospetto si istalla nella mente di Taiwo. Il sospetto è anzi la cifra con cui si rapporta ai diversi personaggi che incontra: il capo della polizia locale , il capo villaggio tradizionale, i diversi studenti che conoscevano e frequentavano Kevin, una donna incontrata in aereo che si rivela chiave per accedere ad un mondo sconosciuto.

La strada intrapresa è tutta in salita: il protagonista trova numerose piste che però sembrano non condurre a nulla, resistenze da parte di tutti nel voler arrivare alla verità, rischia di finire male, molto male… Si rende conto che più scava, più incontra materiale d’indagine: traffico di droga all’università vicina al villaggio, animosità accesa tra cristiani e musulmani, ormai entrambi radicalizzati, lotte contro le leggi sull’omosessualità mal tollerate dalle autorità e dai tradizionalisti, sette segrete diffuse nell’ambiente universitario, fonte di violenze, latrocini e soprusi, armi che circolano a profusione, avvocati e magistrati che fanno di tutto per non punire i colpevoli di atti orrendi. Il tutto crea una diffusa disponibilità della gente comune ad accendersi e a punire, spesso tra l’indifferenza o la connivenza delle forze dell’ordine, gente che, privata di diritti o inascoltata nelle sue istanze dal governo, cova rancore e si fa giustizia da sé, arrivando ad episodi di necklacing: dopo ore di torture si gettano al collo dei malcapitati, considerati colpevoli di non si sa bene cosa e per sentito dire, copertoni di gomma, si versa benzina e tutto finisce in un bel falò purificatore…

Se a questo aggiungiamo alcuni misteriosi capitoli che compaiono in corsivo, rivelatori di una mente schizofrenica di un personaggio sconosciuto che s’insinua nel lettore, creando ancora più scompiglio, si raggiunge il culmine di un racconto tutto all’insegna del doppio: come è doppia questa Nigeria di futuro e di passato, di petrolio e miseria, di tecnologia e rabbiose passioni patriarcali e religiose. Non diremo ovviamente come va a finire. Il racconto scorre rapido e adrenalinico, i capitoli sono brevi e ogni volta introducono elementi nuovi che gettano il lettore nell’angoscia di sapere quando tutto ciò avrà fine. Forse è messa troppa carne al fuoco e talvolta fingiamo di capire, pur di andare avanti nella storia...Si ha la sensazione dei serial televisivi che non finiscono mai e che introducono personaggi e situazioni sempre diversi per tenere alta l’attenzione del lettore.

Ma il romanzo resta comunque la riprova che non c’è niente di meglio come il noir o il polar per penetrare nel profondo dei mali delle società e/o degli individui, al limitare tra tecnologia e nostalgia delle tradizioni, tra impulsi religiosi assoluti e pulsioni distruttive. Questo significa, per l’autore , come dichiara in molte interviste, scrivere per cercare non 'chi' ha commesso misfatti ma 'perché': per arrivare a oltrepassare il buio, cercando di smuovere le coscienze da uno stallo che si sta rivelando mortale per tutta la Nigeria.

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