José Eduardo Agualusa, Le donne di mio padre
Traduzione di Giorgio de Marchis
Edizione La Nuova Frontiera, 2010
Se il precedente romanzo di Agualusa " Il venditore di passati" colpiva nella sua brevità per originalità e compattezza stilistica, qui, pur gli ingredienti essendo gli stessi, ( il sogno, il viaggio, la fotografia, il film e la vita come un film) ci troviamo catapultati in un caleidoscopio di situazioni di coppia dove prevale la mescolanza, l'intreccio, l'enigma in un tessuto narrativo più lungo e articolato.
Mescolanza come meticciato, come viaggio attraverso mondi paralleli ( senza dimenticare il fascino esercitato dalla letteratura sudamericana sull'autore angolano) e viaggio in un mondo popolato di personaggi in conflitto con la propria identità geografica ( la rivendicazione di essere portoghese e non angolano in uno dei protagonisti di coppia per esempio); mescolanza, infine, di destini incrociati che rinnovano, senza proporselo, una identica sorte.
Il pretesto, potremmo definirlo, narrativo è la ricerca da parte di Laurentina del proprio vero padre, un certo Faustino Mansa, nero, musicista, impenitente dongiovanni, la cui personalità emergerà pian piano sconcertando nell'imprevisto colpo di scena finale circa la sua paternità multipla.
Faustino ha seminato figli nelle varie città da lui attraversate, così ci viene presentato, e questa è la notizia che di lui ha la figlia. Solo in punto di morte la madre le aveva rivelato la sua condizione di figlia adottiva e così Laurentina si incammina alla ricerca del vero padre poiché della vera madre le è stato detto che è morta dandola alla luce. Anche Faustino, dopo aver vissuto a lungo, è già morto all'epoca del viaggio di Laurentina, tuttavia la figlia vuole sapere qualcosa di più sulla sua identità.
Fin dalle prime battute del romanzo si intuisce la chiave del sogno con cui l'autore penetra nella scrittura. E’ Karen, una donna a parlare: "I personaggi cominciano a esistere nel momento in cui ci appaiono in sogno", e come nella chiusura di un cerchio magico nelle ultime battute del testo sempre una donna afferma: "Prendi i sogni sul serio.........non c'è nulla di così vero che non meriti di essere inventato". Dunque il sogno guida la realtà rappresentata dall'autore, e con tale maestria, da poterlo definire un provocatore d'immagini poiché anche chi legge entra in questo vortice onirico e scopre oltre la realtà descritta l'allusione ad altre realtà possibili di cui non si era tenuto conto, quegli indizi che l'autore semina sugli eventi e i personaggi nascosti.
Il viaggio di Laurentina inizia da Luanda in Angola, attraversa lo Zambia, la Namibia, arriva in Sudafrica, risale in Mozambico e mette a nudo le contraddizioni, le asprezze e la vitalità non solo delle terre attraversate ma anche delle persone che vi incontra, principalmente le donne che hanno ruotato intorno al suo presunto padre ( una cartina geografica intitolata ironicamente – i luoghi di Faustino Manso- fa da prologo al romanzo).
La struttura segue la scansione musicale- poetica di uno spartito: primo andamento, secondo andamento.... Le coppie portanti sono: io-narrante e Karen che parlano della coppia Laurentina -Mandume; Karen è una sceneggiatrice e musicista ( suona il sassofono) ; Laurentina ha preso dal padre portoghese Dario ( adottivo) la passione per la telecamera e decide di realizzare un documentario di quel suo strano viaggio aiutata dal fidanzato.
Faustino e Alima sono i presunti genitori biologici di Laurentina ma intorno a Faustino ruotano molte donne con prole aggiunta ( sette donne e diciotto figli): Anacleta, la moglie ufficiale da cui ritorna dopo venti anni di vagabondaggio, Fatita l'amante infelice, la terza vedova Leopoldina, la combattiva donna bianca Seretha du Toit, conosciuta a Città del Capo e messa in prigione al tempo dell'apartheid, Ana la guaritrice; in Mozambico, nella vecchia capitale Lourenço Marques, Faustino si lega sentimentalmente all'infermiera Elisa Mucavele, divenuta poi ministro della Salute, ed è quest'ultima, durante un incontro con Laurentina, a stilare un ulteriore elenco delle donne sedotte da Faustino commentando ironicamente con la sua interlocutrice "gli uomini, figlia mia, fuori dal letto servono quanto un idrovolante su un'autostrada. Creano solo problemi".
Oltre il gioco delle coppie ci sono tra gli irregolari isolati, Sfortunato, l'autista di Laurentina, così soprannominato perchè non piace alle donne; Alfonsina, una trentenne con fattezze di bambina ("arrivata agli undici anni non sono più cresciuta[.....] cominciarono a dire è roba di stregoneria") che abbandonata da tutti comincia a vendere il suo corpo, passeggiando in riva al mare; Brian Mc Guiness, l'uomo dai capelli rossi, coinvolto in loschi traffici.
Tra le molte città attraversate emerge Luanda, rappresentata poeticamente e ironicamente nella stravaganza coloristica della sua lingua che dimostra l'eterogeneità dei suoi abitanti :"oggi, si mischiano per le strade di Luanda l'umbundo oblungo degli ovimbundo. Il lingala (lingua nata per essere cantata) e il francese stentato di chi è tornato dal Congo. Il portoghese intonato dei borghesi. Il sordo portoghese dei portoghesi[......] a questo si aggiunga, negli ultimi tempi, un pizzico del mandarino ellittico dei cinesi, l'aroma speziato dell'arabo solare dei libanesi; e ancora qualche vocabolo in ebraico resuscitato, raccolto la domenica mattina, in alcuni dei più sofisticati locali dell'isola" ; una Luanda amata nella sua trasfigurazione geografica: "se fosse un uccello, Luanda sarebbe un immenso pappagallo, ebbro di abisso e di blu. Se fosse una catastrofe, sarebbe un terremoto: energia indomita, che scuote all'unisono le profonde fondamenta del mondo. Se fosse una donna, sarebbe una meretrice mulatta, dalle cosce esuberanti, il seno abbondante, ormai un po' stanca, che balla nuda in pieno Carnevale.", e accanto a questo vivace quadro il contrasto di un altro momento poetico dove l'autore pensa a un ipotetico catalogo di silenzi "ad uso dei sordi" (p.84) e ricorda così l'arrivo delle tenebre nel sud dell'Angola : "immaginavo che in mezzo alla savana l'arrivo delle tenebre fosse accompagnato da un'infinità di minuscoli rumori; il bubolare di qualche civetta, lo strisciare di un serpente tra l'erba [.....] Ma no, niente. Niente di niente. Solo un un silenzio senza fondo. Le stelle ammutolite nell'oscurità dell'abisso".
E' un'Africa quella vista da Agualusa che ha il fascino del colore, del meticciato, ma anche della sordida realtà della guerra attraversata e scolpita nella memoria come i luoghi visitati, ora vivi e presenti, ora lontani, come rivisti in una vecchia foto ingiallita.
Memoria retrospettiva e introspettiva, indagine sulla realtà e trasfigurazione poetica camminano di pari passo registrando le vite che restano e quelle che passano.
Forse la qualifica "poeta e investigatore privato" scritta su un biglietto da visita che un insolito personaggio consegna a Mandune, appartiene un po' anche al nostro seducente autore. Per questo aspetto, non è facile riassumere le trame dei suoi romanzi ( questo in particolare si presta fortemente a una sceneggiatura filmica) o indulgere nelle presentazioni dei personaggi, preferendo seminare degli indizi sulla scorta della sua libertà poetica e della nostra personale libertà immaginativa che si avventuri nelle sorprese del racconto.