Marianna the influenza - Nera con forme - recensione a cura di Giulia De Martino

Marianna the influenza

Nera con forme- Storia di un corpo grasso

Le plurali editrice,2023

 

La presenza al festival di Sanremo 2024 di Big Mama, voce potente e corpo fuori dalla cosiddetta normalità estetica, ha posto in primo piano il body shaming di cui è stata oggetto immediatamente la cantante sui social a causa delle sue dimensioni corporee mostrate orgogliosamente. Era già successo con il vistoso ingrassamento subito dalla bella attrice Vanessa Incontrada ed è uno dei principali attacchi che si possono leggere e vedere, sui vari instagram e company, nei confronti di adolescenti che presentano un corpo non adeguato ai canoni della moda seguita dai loro coetanei.

Questo testo di Marianna Kalonda Okassaka, conosciuta sui social come Marianna the influenza, nata nelle Marche da genitori congolesi, ci immette in questa problematica con una logica stringente, un entusiasmo comunicativo e una quantità notevole di informazioni, dovute allo studio sociologico messo in campo dall'autrice sull'argomento che la riguarda da vicino. Perché Marianna, come si racconta autobiograficamente nel testo, è una persona grassa, che dall'età di 6 anni ha cominciato a sentire su di sé sguardi giudicanti da parte di famigliari, compagni di scuola e poi di università, vicini di casa, di sedia in treno o in bus, anche amici cari che inconsapevolmente e per il suo bene distribuivano consigli e avvertimenti sulla grassezza.

Il problema era che tutto ciò si aggiungeva ad un altra diversità, che raddoppiava la negatività della sua identità di ragazza grassa: il fatto di essere nera. Ecco perché il suo interesse si è poco a poco concentrato sulla diversità corporea dei disabili, del colore della pelle oltrechè delle dimensioni non conformi: si è messa a studiare gli incroci perversi delle varie discriminazioni. Essere una donna nera e grassa, essere disabile grasso e nero ecc. Si è messa a studiare quando nel mondo occidentale è nato l'ideale estetico dell'essere bianchi e magri che ha influenzato molto anche i neri, compresa lei stessa.

Il termine usato per la discriminazione nei confronti dei corpi grassi è grassofobia, che colpisce anche i grassi che si nascondono dietro eufemismi come essere in carne o curvy, come ha decretato la moda che ad un certo punto ha usato modelle in sovrappeso come Ashley Graham. Il testo fa uso fin troppo abusato di termini inglesi per definire situazioni o discriminazioni, perché, sostiene l'autrice, in Italia è cominciata la destrutturazione della razzializzazione operata dal colonialismo ma per quanto riguarda la grassofobia si è ancora indietro e ci sono quasi esclusivamente studi anglosassoni.

Quanto ha dovuto lottare per liberarsi dallo stigma razzista lei stessa: certi pregiudizi sono nell'ambiente da quando nasci e crescono dentro di te, anche inconsciamente.. Così è stato anche per la discriminazione nei confronti dei grassi, lei stessa si è scoperta grassofobica verso chi aveva più chili di lei o superava la taglia 54. Oppure quando ha partecipato al desiderio di vestirsi come le compagne dal fisico adeguato, comprandosi jeans di misura più piccola o abiti corti e aderenti, sottoponendosi a diete pazzesche senza nessun controllo medico che avevano dei risultati che sparivano per incanto dopo qualche mese.

I social le hanno fatto scoprire la body positivity attraverso figure emblematiche del mondo della moda come Kim Kardashian o della musica come la vulcanica Lizzo per poi scoprire che questa modalità non risolveva i problemi della gente comune sovrappeso che continuava ad essere oggetto di derisione e dileggio. Sicuramente la body positivity ha sdoganato l'ossessione per la magrezza e ha mostrato corpi sani e grassi superbamente agili. Neanche la body neutrality ha segnato significativi passi avanti: ha semplicemente messo tra parentesi il lato estetico, come se i grassi non avessero diritto all'estetica, alla scelta di abiti di loro gusto. Entrambe le posizioni non spostavano sulla società la colpa dello stigma della grassezza che restava addosso alle persone fuori dimensione canonica: la colpa sta nell'occhio giudicante non nel giudicato, come per la nerezza.

Marianna non condanna la moda low cost delle bancarelle o di certi siti specializzati in misure extra: lì a prezzi accessibili ci si può vestire senza la vergogna del negozio che non contiene le misure large, extra large e oltre, anche se non mette tra parentesi che dietro questo ci può essere sfruttamento del lavoro, soprattutto femminile.

Se la prende con i medici, con le cosiddette diete salutari: non discute i problemi sanitari che possono derivare dall'obesità, ma non comprende perché non vengano presi in considerazione tutti gli aspetti che possono provocarla. Anche un sovrappeso può voler nuotare, andare in palestra non per forza per dimagrire ma per divertirsi come fanno i normodotati e lo dice parlandoci della sua esperienza della poledance in una palestra romana.

Aver individuato in se stessa tre strati discriminatori, quello di genere, quello razziale e quello corporeo l'ha fatta riflettere a lungo sull'identità e sui pregiudizi, analizzando anche la sessualizzazione perversa del corpo delle nere, anche di dimensioni fuori norma, come un portato del colonialismo italiano e non.

Il testo si conclude con un piccolo prontuario di comportamento per chi si trova nella sua stessa situazione, senza pretendere di avere la verità in tasca, ma desumendolo dalla sua stessa esperienza e allargando la sua visuale fino alla discriminazione lgbt, invitando un po' tutti a lottare per la fine delle discriminazioni di ogni genere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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