Maurizio Zinni - Visioni d'Africa. Cinema, politica, immaginari - recensione a cura di Rosella Clavari

 Maurizio Zinni

 VISIONI D’AFRICA

 Cinema, politica, immaginari

 Donzelli editore, 2023

 

 L’autore insegna Storia contemporanea e storia dei partiti politici e dei  movimenti sociali alla Sapienza Università di Roma. Questo saggio si rivolge sia ai cultori della storia che del cinema e possiamo constatarlo già nella nutrita bibliografia con riferimento a saggi, monografie, persone, oltre alla preziosa scheda filmografica di film e documentari  italiani e stranieri.

La cronologia dei film partendo dai primi anni del ‘900 arriva fino ai primi anni ‘60 : per i film documentari italiani si va da alcuni titoli come A Massaua e Funerale abissino di Roberto Omegna, entrambi del 1909 per arrivare a Latitudine zero di Giorgio Moser del 1956; i film a volte non presentano il nome del regista ma sono ben espliciti sui contenuti, dai loro titoli : come l’Harem del 1908, Linciaggio di un negro del 1908 e Avventura d’amore in Oriente del 1909 mentre di Filoteo Alberini, ancor prima abbiamo La presa di Roma del 1905. Si arriva, nella parte finale, al 1957 con El Alamein di Guido Malatesta e, nello stesso anno, Il cielo brucia di Giuseppe Masini e Sotto la Croce del Sud di Adriano Zancanella. Tra i film stranieri abbiamo una presenza cinematografica importante come Georges Mèliés: La prise de Tournavos (1897) e Cléopatre (1899) sino ad arrivare a Les Aventuriers (1967) di Robert Enrico.

Nell’epoca di mezzo ( dagli anni ‘20 agli anni ‘50 ) un numero considerevole di pellicole che hanno messo in luce il periodo coloniale .

Dunque, nell’arco di 50 anni il cinema si è confrontato con le vicende italiane in Africa: la guerra di Libia in primis, di seguito la conquista dell’Etiopia e infine la nascita dell’impero. Dai primi film prodotti a inizio ‘900, sale il numero e la qualità fino a poter parlare di un vero e proprio genere coloniale italiano a partire dalla fine degli anni ‘20. Il cinema coloniale durante gli anni ‘30 “mise tutte le sue potenzialità propagandistiche e le sue capacità affabulatorie al servizio del sogno imperiale fascista”. Tutto ciò virava verso il progetto di una coscienza imperiale e razziale in una dimensione aggressiva ed espansionistica.

Dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale e la nascita della Repubblica, il numero di queste produzioni cinematografiche naturalmente calò ; si pensava a quei luoghi lontani come quelli di una sconfitta ingiusta o di un ricordo sentimentale. Siamo ancora lontani dal film di Giuliano Montaldo Tempo di uccidere del 1989, dove la riflessione intimista segna un passaggio importante, preludio a uno studio sul “rimosso coloniale”.

In questo saggio, specifica l’autore, si è optato per il criterio storico-politico, articolando la ricerca in base alla classica tripartizione liberalismo, fascismo, Repubblica. Con questo criterio si prende in esame il cinema di finzione italiano nel suo rapporto con l’idea coloniale dall’inizio del ‘900 fino alla conclusione della presenza italiana in Africa nel 1960, data del termine dell’amministrazione fiduciaria italiana in Somalia.

Nel primo ‘900 possiamo parlare più che di cinema coloniale di un cinema a forte impatto nazionalista e patriottico. In quel periodo il ‘900 si proponeva come il secolo delle immagini anche attraverso la fotografia, la cartolina, veicolando una immagine dell’Africa di maniera, esotica, misteriosa, lasciva e sensuale. Gli attori spesso erano truccati con il nero fumo, quando non venivano ingaggiati protagonisti o comparse del luogo. Si mescolavano insieme tanti elementi: il ricordo imperiale della romanità, i crociati, i garibaldini e i bersaglieri, simboli tutti di un processo di nazionalizzazione con desiderio di espansione.

Possiamo dire che il genere coloniale nel cinema si qualifica veramente a partire dal 1936. Molti di noi hanno visto i documentari e i cinegiornali dell’Istituto Luce di quegli anni, con fini educativi e informativi dove si evince la forte impostazione di propaganda del fascismo.

La politica coloniale fascista diventa via via sempre più aggressiva, tesa a dar vita a un impero e a una società fondati sulla “netta demarcazione tra italiani dominatori e africani sottomessi”. Ricordiamo che la canzone “Faccetta nera” non fu gradita dal duce Mussolini che vi coglieva un comportamento inclusivo e una familiarità sconveniente. L’Africa misteriosa e selvaggia o luogo esotico di avventure, rappresentata al cinema nel primo ‘900, tende a scomparire per dare spazio alla colonia come luogo di organizzazione del fascismo con una missione civilizzatrice.

Un particolare importante è che nel 1934 lo stato fascista si dota di una struttura amministrativa volta alla gestione del settore cinematografico. Ai film italiani di quel periodo misero mano grandi registi come Mario Camerini, Goffredo Alessandrini, Carmine Gallone, Augusto Genina e anche valenti attori come Fosco Giacchetti (di estrazione teatrale) Antonio Centa, Camillo Pilotto e Amedeo Nazzari. Questi nostri registi a volte davano un taglio particolare al film che faceva passare in secondo piano la propaganda di regime. Al centro del volume, una rassegna fotografica illustra tra l’altro le riprese di un film emblematico della propaganda coloniale fascista come Scipione l’Africano di Carmine Gallone del 1937, preceduto da opere italiane altrettanto emblematiche come Kif Tebbi di Mario Camerini (1928) e Siliva Zulu di Attilio Gatti (1927).

Interessante il capitolo dove si indaga sul cinema coloniale internazionale degli anni ‘30 stabilendo delle comparazioni tra produzioni filmiche in Francia, Inghilterra, Italia, Spagna e Portogallo; nei dieci anni che precedettero il secondo conflitto mondiale, furono prodotte in tale ambito le pellicole più spettacolari, “economicamente più impegnative e ideologicamente più rigorose”. La Francia è stata la nazione che nel cinema ha sviluppato di più il tema dell’avventura coloniale ; la Legione straniera è stato un luogo cinematografico molto frequentato dalla Francia, col mito di un volontario annullamento dell’individuo in terra straniera, accanto a opere dove prevale l’aspetto intimistico e psicologico (Pépé le Moko di J.Duvivier del 1937).

In Gran Bretagna invece, la produzione filmica di tema coloniale privilegia l’aspetto avventuroso e spettacolare portando avanti il mito dell’impero britannico e della sua missione civilizzatrice. ( per citarne solo due, I Lancieri di Henry Hathaway e Bozambo, il gigante nero di Zoltàn Korda , entrambi del 1935 ).

Le sconfitte riportate dall’Italia in terra d’Africa e la successiva caduta del regime, fanno crollare quel sogno imperiale celebrato ampiamente nei film italiani degli anni ‘30 e ‘40.

Nel cinema della Repubblica ( 1945-1960) era prematuro aspettarsi un discorso autocritico e consapevole sul recente passato fallimentare. Sappiamo che gli studi sul rimosso coloniale si sono sviluppati soprattutto negli ultimi venti anni, durante i quali sono stati riconosciuti determinati crimini di guerra . Vediamo che nella produzione esaminata dopo il 1945 e fino agli anni ‘60 agisce soprattutto la nostalgia, il rammarico per qualcosa di perduto.

Da segnalare tra i documentari Cavalcata di mezzo secolo (1950) di Luciano Emmer, sulle vicende storiche d’Italia che comprendono la guerra italo-turca e la guerra d’Etiopia e Una lettera dall’Africa di Leonardo Bonzi e Maner Lualdi (1951), interessante momento di ricapitolazione ; con altro spirito, la divertente incursione in Africa in Totò le Mokò di Carlo Ludovico Bragaglia (1949) e Totò Tarzan di Marco Mattoli (1950); il primo film a tema africano ( l’eccidio di Mogadiscio dell’ 11 gennaio 1948 ) realizzato nello stesso anno in Italia, è Vento d’Africa di Anton Giulio Majano, valente regista conosciuto più per la sua attività televisiva; ricordiamo inoltre Sotto la croce del Sud di Adriano Zancanella (1957) e molti altri che trattano varie tematiche nei rapporti tra ex-colonizzatori e africani.

Riteniamo che la rassegna filmica presentata dall’autore sia preziosa e interessante ; considerando che alcuni film e documentari sono visionabili anche sul canale youtube, possiamo inoltrarci nel passato attraverso il cinema, cogliendo gli aspetti e i sentimenti che sono mutati e quelli che purtroppo ancora persistono. Ma soprattutto permettendo di approfondire storicamente, dopo la loro visione, ciò che ancora va compreso.

 

 

 

 

 

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