Marie Reine Toe
Il mio nome è Regina
Editore Sonzogno, 2010
"MI CHIAMO MARIE REINE JOSIANE MAANDINIMA TOE.
JOSIANE, PER MIA MADRE.
MAANDINIMA, PER MIA NONNA.
REINE, SOLO REINE, PER MIO PADRE.
MARIE, PER TUTTI GLI ALTRI.
DA SEMPRE SONO STATA TANTE PERSONE.
TANTE QUANTE I NOMI CHE AVEVO.
Ma è del mio nome africano Maandinima che voglio parlare."
Se un colpo di stato cambia all’improvviso la vita di un Paese, può succedere che una bambina di nove anni debba fare i conti con la Storia. È quello che accade alla piccola Marie Reine Toe quando Thomas Sankara prende il potere in Alto Volta, l’attuale Burkina Faso. Il padre, André Toe, è un importante funzionario del vecchio regime di Saye Zerbo e sarà vittima degli eccessi della Rivoluzione. È la fine dell’infanzia dolce e dorata di Marie Reine, ma anche l’inizio dell’appassionante avventura che dai sobborghi di Ouagadougou la porterà in Italia. Le scoperte si susseguono a un ritmo frenetico, che pulsa come quello della musica assordante delle discoteche in cui la bellissima Marie Reine lavora come cubista. Amicizie, amori, eccessi le faranno conoscere le pieghe più nascoste di questo nuovo mondo, fino a quando l’orgoglio di riprendersi in mano la propria vita le esploderà dentro per farla ricominciare.
Vera e toccante, ricca di svolte improvvise, ecco la sua storia
Pap Khouma
Noi italiani neri
Baldini Castoldi Dalai, 2010
Quali sono, oggi, le aspirazioni e i disagi quotidiani di chi indossa la pelle nera in Italia? Come vivono i nuovi italiani neri, figli di coppie miste, o adottati, o nati da genitori africani residenti da decenni nel nostro Paese? E soprattutto, esiste un problema razzismo in Italia? Come va concepita la nozione di cittadinanza nella nostra società, destinata a essere sempre più multietnica?
Mescolando sapientemente l’inchiesta giornalistica con la finzione narrativa, il piano del presente e del passato, Noi italiani neri si muove tra i campi di calcio – infestati dal razzismo degli ultrà, in Italia, Francia e Inghilterra, a volte con la connivenza di certa politica – e i campi di battaglia della seconda guerra mondiale, raccontando il sacrificio di migliaia di soldati neri che combatterono contro le armate hitleriane, contribuirono alla vittoria ma non poterono, per il razzismo dei vertici militari americani, partecipare alla parata per la liberazione di Parigi e furono dimenticati dalla storiografia europea. Dal calcio alle banlieue, modello di integrazione fallita da cui trarre utili lezioni per le nostre periferie, attraverso le parole di figli delle migrazioni africane nati o cresciuti tra Parigi e Milano, giovani che amano la terra dove sono nati, ma cui viene negata la piena cittadinanza, anche dopo diverse generazioni. Casi di italiani neri perfettamente integrati, come il calciatore Mario Balotelli, ospite obbligato per le polemiche nate dalle accuse di alcune frange di tifosi secondo cui «Un negro non deve giocare nella Nazionale italiana di calcio! Un negro non può essere italiano!»
Un libro di denuncia ma anche di speranza, che se da un lato ritrae un’Italia vittima di pregiudizi arcaici che nega a se stessa l’irreversibilità delle sue trasformazioni culturali e sociali, dall’altro stupisce per la serena lungimiranza dei nuovi italiani di colore, che non fanno le vittime ma sanno che la storia darà loro ragione e contribuiranno a costruire un Paese migliore.
Pap Khouma, senegalese di nascita e cittadino italiano, è direttore della rivista on-line di letteratura della migrazione «El-Ghibli». Vive a Milano e lavora in libreria. Dopo il grande successo del suo primo romanzo Io, venditore di elefanti, ripubblicato per B.C.Dalai editore, nel 2005, sempre per BCDe, è uscito Nonno Dio e gli spiriti danzanti.
Amara Lakhous
Divorzio all'islamica a Viale Marconi
Edizioni e/o, 2010
2005. I servizi segreti italiani ricevono un’informativa: un gruppo di immigrati musulmani, che opera a Roma nella zona di viale Marconi, sta preparando un attentato. Per scoprire chi siano i componenti della cellula viene infiltrato Christian Mazzari, un giovane siciliano che parla perfettamente l’arabo. Christian inizia la sua indagine.............
Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 e vive a Roma dal 1995. Dopo la fuga dal suo paese, si è stabilito a Roma, dove vive e lavora. Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Algeri e in Antropologia Culturale presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel nostro paese ha pubblicato il suo primo Le cimici e il pirata (Arlem, 1999, in arabo con traduzione in italiano), e in Algeria il secondo: ambientato a Roma, Come farsi allattare dalla lupa senza essere morso, è stato riscritto da lui in italiano con il titolo Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio.
sul libro di Amara Lakhous vedi anche la recensione di Marie-José Hoyet
Igiaba Scego, La mia casa è dove sono
Editore Rizzoli, 2010
Quando è scoppiata la guerra in Somalia Igiaba non se n'è accorta. Aveva sedici anni, stava a Roma, e quella sera sperava solo di baciare il ragazzo che le piaceva. Non sapeva che per due anni non avrebbe più avuto notizie di sua madre. Non sapeva che la guerra si porta via tutto, anche l'anima. Igiaba è nata a Roma perché suo padre, ex ministro degli Esteri somalo, ci veniva a "studiare la democrazia" negli anni Cinquanta. E al Sistina era rimasto stregato dalla voce di Nat King Cole e dalla sensazione che in quella città si potesse ricominciare a sognare. Se ne ricordò tanti anni dopo, quando il colpo di stato di Siad Barre costrinse lui e la famiglia all'esilio in un altro paese. Per questo Igiaba per lungo tempo ha sentito parlare della sua terra solo attraverso le fiabe della madre e i racconti nostalgici dei fratelli, che ricordavano i fasti passati. Lei della sua infanzia romana ricorda bene invece gli insulti dei compagni di classe per il colore della sua pelle e le incursioni a Trastevere con la madre, nel cuore della notte, per avere un po' di pasta e qualche vestito dalle associazioni del quartiere. Ora è diventata la voce ironica e intensa della seconda generazione, sospesa tra il fascino per le proprie radici e l'amore per la terra in cui è cresciuta. Questo è il racconto di cosa significa portarsi dietro la propria casa in un paese nuovo, delle difficoltà di essere accolta, accettata, amata. È la storia di Igiaba ma, in fondo, parla di noi.
Egitto
Magdi El Shafee, Metro-Graphic novel
Traduzione di Ernesto Pagano
Edizione Il Sirente, 2010
Romanzo a fumetti, ambientato nella Cairo contemporanea, nel bel mezzo dell’insicurezza che investe la sfera finanziaria, ma non risparmia neanche quella sociale. Il protagonista è il signor Shihab, un software designer che non riuscendo a pagare il debito contratto con uno strozzino, organizza una rapina in banca per risolvere definitivamente i problemi finanziari. Per realizzare l’impresa si avvarrà della complicità dell’amico Mustafà il quale, però, lo lascerà a bocca asciutta e fuggirà con la refurtiva.
Nei disegni del talentuoso El Shafee si srotolano gli avvenimenti egiziani degli ultimi anni, cadenzati dalle fermate della metro che portano il nome dei dirigenti egiziani: Saad Zaaghloul, Nasser, Sadat e Mubarak. Metro è un triller, una storia d’amore e un romanzo politico metropolitano che si anima dietro le facciate e nei sotteranei dell’affascinante e decadente Cairo. Censurato per alcune immagini considerate porno, al Cairo ormai non si trova più neanche una copia, l’autore e l’editore, famoso blogger e militante del movimento Kifayya sono stati processati lo scorso luglio.
Nigeria
Ken Saro-Wiwa, Un mese e un giorno. Storia del mio assassinio
Traduzione di Marta Codignola
Baldini e Castoldi editore, 2010
"Dio prenda la mia anima, ma la lotta continui."
ultime parole di Ken Saro-Wiwa prima di essere impiccato
Questa è la storia di un uomo che si è battuto per i diritti del suo popolo: gli Ogoni. L’arma principale della lotta di Ken Saro-Wiwa è stata la parola, che quando è capace di mandare messaggi forti e chiari sa unire le persone e smascherare le ipocrisie. I suoi discorsi, la straordinaria capacità di mobilitare le masse, la notorietà presso la gente lo hanno reso il bersaglio principale del governo militare nigeriano, che ha reagito decretando il suo assassinio.
In occasione del decimo anniversario della sua esecuzione, avvenuta il 10 novembre 1995 per impiccagione insieme ad altri otto militanti del Mosop (il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni), è stata pubblicata una nuova edizione di questo libro – con la prefazione del premio Nobel Wole Soyinka – che contiene il suo diario del mese e un giorno di detenzione nel 1993 – vera e propria autobiografia politica – il suo straziante testamento, rivolto al giudice del tribunale militare che lo aveva condannato a morte, alcune lettere della corrispondenza con gli amici, quelle di cordoglio inviate alla famiglia da personaggi illustri come Nelson Mandela, Ethel Kennedy, Chinua Achebe, Ben Okri, Harold Pinter, Salman Rushdie, Arthur Miller, Susan Sontag, Alice Walker, Fay Weldon, Nadine Gordimer, e le commoventi lettere scritte dal figlio al padre dopo la sua morte.
Angola
José Eduardo Agualusa, Le donne di mio padre
Traduzione dal portoghese di Giorgio de Marchis
Edizioni, La Nuova Frontiera, 2010
Chi era mio padre? Per trovare una risposta a questa domanda, Laurentina si mette in viaggio alla ricerca delle proprie radici. Da Luanda fino alla Zambesia, passando per le ferite ancora aperte del Sudafrica, un viaggio scandito dalle rivelazioni delle tante donne amate da Faustino Manso e da incontri indimenticabili : pianisti senza mani e vendicatori insonni, contrabbandieri di diamanti ed eroi dimenticati, un contrabbasso stregato e il più bel film della storia del cinema.
Un romanzo straordinario che attraversa l'Africa come un oceano notturno alla ricerca di una risposta, pur sapendo che la verità, in fondo, è solo l'unica risorsa di chi non ha immaginazione.
José Eduardo Agualusa è nato nel 1960 a Huambo, in Angola e oggi vive tra Lisbona, Rio de Janeiro e Luanda. Giornalista ed editore, è soprattutto l'autore di alcuni tra i romanzi più apprezzati negli ultimi anni dai lettori portoghesi e brasiliani. Le sue opere, alcune delle quali saranno presto adattate per il cinema, sono state tradotte nelle principali lingue europee. In Italia, la Nuovafrontiera ha già pubblicato i romanzi Quando Zumbi prese Rio (2003) e Il venditore di passati (2008), vincitore dell'Independent Foreign Fiction Prize, prestigioso riconoscimento attribuito ogni anno al miglior romanzo straniero tradotto in inglese.
sul libro Le donne di mio padre di José Eduardo Agualusa, vedi la recensione di Rosella Clavari
Sudafrica
Marlene Van Niekerk, La via delle donne
Neri Pozza editore, 2010
La via delle donne, il secondo libro della scrittrice sudafricana Marlene van Niekerk, esplora con capacità il rapporto esistente tra due donne, una “padrona” e la sua “serva”, nel lungo arco di cinquanta anni. In controluce, però, è la storia del loro Paese, il tormentato Sudafrica, che scorre tra le righe degli avvenimenti che cambiano il volto della fattoria di Grootmoedersdrift . Ora diario, ora romanzo della memoria , ora monologo -flusso di coscienza, sottile gioco di specchi tra gli errori di una protagonista e le vicissitudini dell’altra, scrupolosa attenzione ai dettagli e alla comunicazione non verbale: il libro di Marlene Van Niekerk ha fatto dire ai critici del Times Literary Suplement che ci troviamo di fronte a: «Il più importante romanzo sudafricano dai tempi di Vergogna di Coetzee».
Marlene van Niekerk è nata nel 1954 in una fattoria di Caledon, nella Provincia del Capo Occidentale, in Sudafrica. Dopo gli studi in psicologia, lingue e letteratura, ha ottenuto una cattedra prima all'università di Witwatersrand e poi di Stellenbosch, dove insegna Letteratura Afrikaans e Olandese
Sudafrica
Breyten Breytenbach. Le confessioni di un terrorista albino
Traduzione di Maria Teresa Carbone
Alet edizioni, 2010
Breyten Breytenbach racconta la storia del proprio arresto in Sudafrica, nel novembre del 1975. Arrivato a Johannesburg per battersi contro il regime dell’apartheid, Breytenbach viene accusato di essere un agente del KGB e sbattuto in prigione, dove resterà per 7 lunghi anni. Lo scrittore rievoca le angherie subite, la vita dei detenuti, ma anche l’importanza della scrittura, come strumento di evasione e di libertà. Una denuncia atemporale di ogni forma di razzismo, schiavitù, odio, apartheid.
"Nessuno di noi può prescindere da questa straordinaria testimonianza"
Nadine Gordimer, Premio Nobel per la Letteratura
Etiopia
Maaza Mengiste, Lo sguardo del leone
Traduzione di Massimo Ortelio
Neri Pozza, 2010
vd. anche la recensione a cura di Giulia De Martino
In un giorno del 1974, la vita di Hailu e di milioni di etiopi muta di colpo. Dal cielo terso e acceso dal sole di Addis Abeba, gli elicotteri dell'esercito imperiale lasciano cadere migliaia di volantini. Adagiandosi al suolo con la grazia di piume strappate, i fogli annunciano alla popolazione l'impensabile: la ribellione dell'arma a una «monarchia vetusta e decadente», incapace di assicurare alla giustizia i corrotti e i responsabili della carestia che flagella l'Etiopia.
Nei mesi seguenti l'imperatore Hailè Selassiè, subito dopo aver firmato l'ordinanza di scioglimento del governo e del consiglio della corona, viene arrestato e trasportato in una modesta casa sulla collina che sovrasta la capitale.
Nella notte fra il 26 e il 27 agosto del 1975, l'eletto del Signore, il monarca con nelle vene il sangue di re Salomone, il Leone di Giuda che ha combattuto Mussolini, viene soffocato con un cuscino e sepolto sotto il pavimento di una latrina, di fronte alla finestra dell'ufficio del nuovo tiranno, Menghistu.
Nei trent'anni trascorsi come medico del Prince Mekonnen Hospital, ribattezzato dal nuovo regime Black Lion Hospital, Hailu non ha mai visto una città così sconvolta come ora. Jeep e uniformi, marce militari e assemblee obbligatorie, una continua parata di manifesti propagandistici, stelle, falci e martelli, operai dall'aria fiera e con i pugni alzati e, soprattutto, incessanti arresti ed esecuzioni di intellettuali, notabili, aristocratici e funzionari imperiali finiti, inermi, nelle mani del Derg, il consiglio della rivoluzione, dopo essersi fidati della sua falsa promessa di non ricorrere a un bagno di sangue.
Il Derg ha trasformato persino l'ospedale in un luogo desolato, pieno di dottorini russi e pazienti etiopi mal assistiti e afflitto da una perenne scarsità di medicinali.
Hailu tuttavia, non si ribella. Continua la sua vita segnata dalla solitudine seguita alla morte della moglie per un male incurabile, anche quando scopre che il figlio più giovane, Dawit, non frequenta affatto i corsi universitari, ma le riunioni clandestine della resistenza studentesca contro il Derg.
Un giorno, però, al Black Lion Hospital viene trasportato il corpo di una ragazza avvolto in un foglio di plastica trasparente. Un corpo orrendamente torturato, i jeans e la camicetta a fiori letteralmente zuppi di sangue, i piedi che sporgono gonfi dall'estremità della barella. Un'oscenità inaudita, che costringe Hailu a drammatiche e inevitabili decisioni.
Opera strabiliante sulla tragedia di una rivoluzione e sull'insopprimibile bisogno di libertà degli esseri umani, Lo sguardo del leone svela, sulla scena letteraria mondiale, l'originalità e la potenza del nuovo romanzo africano.
Angola
José Luandino Vieira, Di fiumi anziani e guerriglieri - I. Il libro dei fiumi
Gruppo Albatros, 2010
Prefazione di Roberto Francavilla, docente di Lingua e Letteratura Portoghese presso l’Università degli Studi di Siena
In questo suo capolavoro, primo capitolo di una trilogia, José Luandino Vieira ci conduce attraverso i fiumi che delimitano la memoria di un popolo, di una nazione, di un intero continente, sfociando in una narrativa densa, sconcertante, favolosa.
quasi interamente durante la prigionia. Tra i maggiori esponenti della cultura e della società angolana e africana, è stato insignito di prestigiosi riconoscimenti come il Premio Castelo Branco, per il suo libro d’esordio Luuanda, e il Premio Camões, il più prestigioso riconoscimento letterario portoghese, che tuttavia ha rifiutato.
Mozambico
Paulina Chiziane, L'allegro canto della pernice
Traduzione dal portoghese di Giorgio de Marchis
Edizioni La Nuova Frontiera, 2010
Su questo romanzo, vd. anche la recensione a cura di Giulia De Martino
L'amore è una trappola per topi. Serafina lo ha sempre detto, Delfina ne è convinta, Maria das Dores lo scoprirà presto. Tre generazioni di donne per raccontare storie di amanti, madri, figlie, sorelle, puttane e mogli che hanno dovuto scegliere tra la libertà e il dolore, tra la fame e l'ipocrisia, per dimostrare al mondo che il paradiso è sempre tra le braccia di una madre.
Paulina Chiziane ci porta di nuovo in Zambesia, nel Mozambico degli anni Cinquanta, durante il regime coloniale portoghese e, ancora una volta, svela ai suoi lettori tutta la magia e la forza di una terra sconosciuta e affascinante.
L'allegro canto della pernice è un indimenticabile romanzo sull'amore, ma anche una spietata requisitoria sul razzismo che non potrà che scuotere le nostre rassicuranti certezze, puntando con coraggio il dito sulle responsabilità individuali di tutti: vittime e carnefici.
Paulina Chiziane è nata a Manjacaze, nel sud del Mozambico, nel 1955. Durante la guerra civile ha collaborato con la Croce Rossa Internazionale in alcune delle zone più colpite dal conflitto e attualmente è impegnata in Zambesia, dove coordina programmi di sviluppo per conto di organizzazioni internazionali. Nel 1990, ha pubblicato Balada de amor ao vento, diventando la prima donna mozambicana ad aver scritto un romanzo. Oggi, dopo Il settimo giuramento e Niketche. Una storia di poligamia, romanzi che l'hanno definitivamente consacrata come una delle voci più intense e originali della nuova letteratura africana, continua a definirsi una raccontarice di storie che recupera la ricca tradizione orale del suo paese. Le sue opere sono tradotte in molte lingue, tra le quali il francese, l'inglese, il tedesco e lo spagnolo. L'allegro canto della pernice è il suo quinto romanzo.
Guinea Equatoriale
Donato Ndongo, Il metrò
Cura, traduzione e prefazione di Valeria Magnani
Edizioni Gorée, 2010
Obama Ondo vive in un villaggio rurale nel cuore dell’Africa nera. dove emergono tutte le contraddizioni del colonialismo.
Nella sua fuga verso la città, il protagonista prende coscienza dell’assenza di prospettive in un paese governato da una classe politica arrogante e corrotta, e comincia a sognare l’Europa. Lo attende una drammatica odissea per mare, fino all’incontro-scontro con la società dei «bianchi», tra alienazione e speranze di integrazione.
Un affresco vivo e coinvolgente dell’Africa post-coloniale e contemporanea, l’epopea personale di un uomo che è disposto a inseguire i propri sogni anche a costo della vita.
Un racconto a più voci che non rinuncia al ritmo narrativo dei cantastorie africani, e che rivela il talento di uno degli autori africani più interessanti di questi ultimi anni.
Annotazioni:
«Nonostante avesse perso la sfacciataggine e l’insolenza dei suoi avi, Lambert Obama Ondo, membro del clan degli yendjok, si sforzava di affermare e mantenere viva la sua africanità in ogni luogo e circostanza».
su questo romanzo vedi anche la recensione a cura di Giulia De Martino
Ciad
Nimrod, Le gambe di Alice
Traduzione di Cinzia Poli
Edizioni Nottetempo, 2010
Numero di pagine: 112
Prezzo: € 14,00
Dalla cattedra avevo occhi solo per il piede di Alice," racconta il giovane insegnante protagonista del romanzo. Quando ritrova la sua allieva nel furore della guerra civile che devasta il Ciad, l'uomo decide di portarla con sé nella fuga che lo allontana dalla capitale per avvicinarlo al villaggio dell'interno dove vive la sua famiglia. I piedi, le gambe, la verginità della ragazza sono un sortilegio che lo tiene avvinto per tutto il viaggio. L'incontro con Alice diventa una diversione nella fuga dalla guerra, dalla moglie, dalle regole. Diviso fra il desiderio di costruire con la ragazza un'illusione amorosa, e la consapevolezza della sua meta, l'uomo si dibatte fra l'ossessione erotica e l'ansia di arrivare a casa.
Traduzione di Lorenzo Declich e Daniele Mascitelli
È il V secolo, un momento decisivo nella storia della Cristianità. Sono anni di violenza religiosa, di lotte e contrasti feroci, e la fede nel Cristo vuol dire scegliere una fazione, abbattere i propri nemici, e così decidere del proprio stesso destino.
Nestorio, l'abba che ha preso Ipa sotto la sua protezione, il venerabile padre con cui a Gerusalemme e Antiochia il monaco ha discusso liberamente dei libri proibiti di Plotino, Ario e degli gnostici, è nella tempesta. Nel 428 d.C. è stato ordinato Vescovo di Costantinopoli e ora, due anni dopo, è accusato di apostasia, la più terribile delle accuse, l'abbandono e il tradimento della fede nel Cristo. Il Patriarca Cirillo, l'Arcivescovo di Alessandria, ha scritto dodici anatemi contro l'«apostata», colpevole ai suoi occhi di non riconoscere che «il Cristo è Dio nella sostanza e che la Vergine è Madre di Dio».
Che Chiesa è mai quella che scomunica un saggio dal volto radioso, un uomo santo e illuminato che ha il solo torto di ritenere assurdo che «Dio sia stato generato da una donna»? Che Chiesa è quella rappresentata dal Patriarca Cirillo, capo di una diocesi dove i cristiani al grido di «Gloria a Gesù Cristo, morte ai nemici del Signore!» hanno scorticata la pelle e lacerate le membra della filosofa Ipazia, «la maestra di tutti i tempi»?
È un tempo infausto per il monaco Ipa, poiché a tremare non sono soltanto i pilastri della religione, ma anche quelli del suo cuore. Da quando il sole cocente della bella Marta è spuntato per lui ad Aleppo, Ipa ha conosciuto i sussulti dell'angoscia e i fremiti della passione. E gli orrori si sono impadroniti a tal punto della sua anima che gli sembra a volte di parlare con Azazel, il diavolo in persona.
Affascinante racconto delle peripezie umane, sentimentali e religiose di un monaco, sullo sfondo degli appassionanti conflitti dottrinali tra i Padri della Chiesa e dello scontro tra i nuovi credenti e i tradizionali sostenitori del paganesimo, Azazel è una di quelle rare opere letterarie capaci di gettare uno sguardo profondo e originale sulla Cristianità e l'Occidente, e di raccontare un'epoca in cui le pagine della storia avrebbero potuto essere scritte diversamente.
Un noir in terra africana, dove al mistero del delitto si mescolano gli arcani che avvolgono una cultura ricca di miti e leggende.
Mali
Moussa Konaté, L'assassino di Banconi
Trduzione di Ondina Granato
Edizioni Del Vecchio, 2010
L’importanza dell’ambientazione, evidente già dal titolo, è il vero punto di forza di questo avvincente noir. Bamako è il palcoscenico vivido e affascinante delle indagini del commissario Habib e del suo fedele aiutante Sosso. Qui, i due indagano su tre omicidi. Causa della morte: il cianuro. Luogo: il quartiere povero di Banconi. Habib e Sosso affrontano, come tutti gli investigatori, il crimine, la miseria e le speculazioni, ma a Bamako la gerarchia sociale e l’influenza delle caste e dei rapporti familiari complicano e arricchiscono il meccanismo narrativo.
Ghana
Kwei Quartey, Omicidio nella foresta
Traduzione di Delfina Vezzoli
Edizioni Feltrinelli, 2010
Nella foresta che circonda il villaggio di Ketanu, Gladys Mensah, una promettente studentessa di Medicina, viene trovata morta in circostanze misteriose. L’indagine è delicata, superiore alle forze della scalcinata polizia locale. L’ispettore Darko Dawson, di Accra, è la persona giusta per occuparsi del caso, anche se detesta l’idea di allontanarsi dall’amata moglie e dal figlio, un bambino con il cuore difettoso, ma soprattutto lo spaventa ritornare a Ketanu. Per Dawson questo angolo addormentato del Ghana è un campo minato emotivo, legato al doloroso ricordo dell’improvvisa e inspiegabile scomparsa di sua madre, venticinque anni prima. Darko Dawson è armato di un notevole intuito e di una sana dose di scetticismo ma il suo talento, a volte oscurato dal temperamento mercuriale, forse non basterà per risolvere questo inquietante mistero.Lirico e accattivante, il romanzo d’esordio di Kwei Quartey ci immerge nella maestà e nel fascino del Ghana, dalla capitale Accra fino a un piccolo villaggio del Nord, dove segreti sepolti da anni stanno per riaffiorare in superficie.
Sudafrica
Chuck Korr e Marvin Close, Molto più di un gioco. Il calcio contro l'apartheid
Traduzione di V. Iacoponi
Prefazione di Gianni Rivera
Edizione Iacobelli, 2010
Il racconto dei detenuti politici di Robben Island, il terribile carcere del regime razzista sudafricano, con il loro amore per il pallone, é arrivato in Italia, a pochi mesi dai primi campionati mondali di calcio nel continente africano. Il regime instaurato dal Partito nazionalista sudafricano ha appena aperto il fuoco su una folla di manifestanti neri dichiarando guerra a qualsiasi opposizione politica. È in questi anni di lotta e repressione che prende le mosse questo volume, la vera storia di chi per aver combattuto contro l'apartheid, si è trovato scaraventato su un'isoletta piatta e brulla in mezzo alla baia di Cape Town: l'isola-carcere di Robben Island. Circondati dall'oceano e isolati dal mondo, spogliati di ogni diritto, i detenuti di Robben Island hanno imparato non solo a convivere col carcere duro e col lavoro forzato, ma anche a riappropriarsi della propria dignità e a proseguire la battaglia contro il sistema: grazie a un pallone e all'amore per il calcio. Un libro per credere ancora nella magia e nel valore dello sport.
Malawi
William Kamkwamba, Il ragazzo che catturò il vento
Edizioni Rizzoli, 2010
L’intelligenza e la tenacia
di un solo giovane
possono illuminare
l’intero villaggio.
“Prima che scoprissi i miracoli della scienza, era la magia a governare il mondo.” A sei anni William scampa a una maledizione, a quindici vuole diventare ingegnere: gli piace studiare, quasi quanto andare a caccia e in giro per la foresta con l’amico Gilbert. Ma nel Malawi, dove è nato, l’istruzione e` un lusso, la tecnologia è una forma inaffidabile di stregoneria, e comunque prima viene il lavoro nei campi, la lotta quotidiana per sopravvivere. Quando il villaggio viene colpito dall’ennesima carestia, William conosce la fame più nera; e mentre lottano per sfamare le bocche di casa, i genitori non possono più permettersi una retta di 80 dollari all’anno né un figlio improduttivo. Il ragazzo sa che per tornare sui libri deve risolvere nientemeno che l’emergenza principale del Paese: la siccità. Ebbene, le uniche cose che non mancano mai nel Malawi sono il vento e i rifiuti. Armato di un mucchietto di vecchi manuali, di una mezza bicicletta, ingranaggi di trattore e pezzi di metallo raccolti in una discarica, William si impegnerà per realizzare la sua personale magia: imbrigliare la forza del vento e trasformarla in luce, acqua, vita. Da un’infanzia ancora intrisa di leggende alla promessa di un brillante futuro nella tecnologia, la storia di William e del suo piccolo sferragliante miracolo ha conquistato il mondo diventando un simbolo di riscatto. I libri di fisica, le difficoltà economiche e lo sconforto, il sostegno degli amici, l’incredulità dei compaesani e la fiducia dei familiari: fino a quella prima lampadina tremolante che si accende tra le mani del giovane inventore. Il ragazzo che tutti chiamavano misala, “pazzo”, ha catturato il suo sogno e incarnato le speranze di un intero continente.
William Kamkwamba è nato a Dowa, nel Malawi, nel 1987. Ha cominciato a interessarsi all’energia eolica a quattordici anni. Riportata da un giornale locale, la sua storia e` stata ripresa dal “Wall Street Journal” che gli ha dedicato un profi lo, e nel 2008 William e` stato invitato a parlare al World Economic Forum dedicato all’Africa. Grazie a una borsa di studio ora è allievo della prestigiosa African Leadership Academy di Johannesburg.
Congo
Alain Mabanckou, Black Bazar
Edizioni 66THAND2ND, 2010
Le mille anime afro di Parigi in un romanzo che parla di amore, di amicizia e di identità, ma anche di moda, di musica e di tecniche di abbordaggio alle feste
Amante degli abiti firmati, appassionato cultore del lato b delle donne e fine teorico del nodo alla cravatta, il protagonista e narratore di questo romanzo, soprannominato non a caso “il Sederologo”, vive da solo in un vivacissimo quartiere di emigrazione nera nella periferia di Parigi dopo che la compagna lo ha abbandonato per fuggire con l’Ibrido, “un primate” dal discutibile talento musicale. Nella galleria di personaggi che animano la sua vita spiccano figure spassose: il martinicano Ippocrate, razzista militante che ha dimenticato di essere nero; il franco-ivoriano Roger, logorroico e importuno; Paul del grande Congo, acceso sostenitore dell’importanza dell’”altro lato” delle donne. Con una lingua ricca ed eclettica, Mabanckou ci parla di identità e alienazione, mettendo in evidenza gli eccessi e le debolezze degli immigrati urbanizzati e ridicolizzando il razzismo provinciale dei parigini, senza perdere la vena satirica che rende i suoi personaggi così veri.
Alain Mabanckou nasce nel 1966 nel Congo Brazzaville. Trascorre la sua infanzia à Pointe-Noire, capitale economica del Congo dove ottiene una laurea in Lettere e Filosofia. In seguito comincia a studiare diritto a Brazzaville per continuare i suoi studi in Francia presso l’Universita’ Paris-Dauphine. Negli stessi anni pubblica una raccolta di poesie che gli fa vincere il Gran Premio Letterario dell’ Africa nera. Nel 2001 è negli Stati Uniti quando l’Università del Michigan gli propone la cattedra di Letteratura Francofona che accetterà l’anno successivo; vi insegnerà 4 anni per poi accettare l’offerta della prestigiosa Università della California a Los Angeles, dove attualmente insegna presso il Dipartimento di Studi francofoni e di letteratura comparata.
SudAfrica
Deon Meyer, Tredici ore
Edizioni e/o, 2010
È l’alba e una ragazza corre a perdifiato su per la montagna che domina la splendida baia di Città del Capo. Cerca di sfuggire a un misterioso gruppo di inseguitori che durante la notte hanno brutalmente ucciso la sua amica, ma non sa dove andare né a chi chiedere aiuto.
SudAfrica
Deon Meyer, Safari di sangue
Edizioni e/o, 2010
Nell'anno del Sudafrica che ospiterà a giugno i mondiali di calcio, questo romanzo mozzafiato vi farà scoprire un paese misterioso e affascinante. Per scoprire il mistero della scomparsa, avvenuta vent'anni prima, del fratello e di recenti aggressioni contro di lei, Emma le Roux ingaggia una guardia del corpo, il taciturno Lemmer, un uomo d'azione dal passato indecifrabile che l'accompagna attraverso il Sudafrica in un viaggio irto di pericoli inattesi. Il fratello di Emma lavorava per la difesa della natura e degli animali al parco nazionale Kruger quando scomparve nel corso di misteriose manovre militari ai tempi dell' apartheid. Per ritrovarlo, sua sorella e il suo bodyguard Lemmer si addentrano in una fitta rete di segreti militari, scontri razziali, interessi turistici, bracconieri di elefanti e altri animali selvatici. Un'avventura mozzafiato in un Sudafrica bellissimo e misterioso, condotta con mano da maestro dal “re del thriller sudafricano”.
SudAfrica
Kgebetli Moele, Tocca a te
Traduzione di Monica Martignoni
Edizioni Epoché, 2010
Khutso è riuscito a conquistare la vita che desiderava: ha una carriera di successo, è diventato ricco, ha sposato la donna dei suoi sogni e insieme hanno avuto un figlio, un bambino che è il suo orgoglio, a cui lo lega un rapporto speciale di complicità maschile, tanto che la mamma inizia a sentirsi un po'esclusa... Ma un giorno, all'improvviso, tutto crolla. Cos'è quella voce che si è insinuata nella sua testa e gli chiede di riempire di nomi uno strano libro nero? Il nuovo romanzo di Kgebetli Moele affronta con agghiacciante lucidità uno dei maggiori problemi mondiali, l'Aids, e lo fa utilizzando il virus come voce narrante, una presenza incombente, cinica e determinata, che non fa differenze nella scelta delle sue vittime.
Kgebetli Moele è nato nel 1978 a Polokwane (Sudafrica). Attualmente lavora nell'industria dello spettacolo e vive a Pretoria. Camera 207, il suo romanzo d'esordio, ha vinto il Noma Award, il Charles Bosman Prize e lo University of Johannesburg Debut Fiction Prize. Tocca a te è stato inserito dall'autorevole "Sunday Independent" tra i migliori libri del 2009.
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Nigeria
Chris Abani, Canzone per la notte
Edizioni Fanucci, 2010
My Luck, quindicenne soldato igbo, è stato addestrato come sminatore nell’Africa orientale. Al risveglio dopo un’esplosione si ritrova solo, separato dalla sua unità e nel mezzo della foresta, territorio inospitale che però, dopo anni di giungla e guerra, conosce bene. E la mente di My Luck ritorna ai ricordi e alle visioni della violenza di cui è stato attore o testimone. L’addestramento lo ha reso capace di individuare una mina e disinnescarla con un coltello stando in equilibrio su un solo piede, ma ha anche reso necessario recidere le sue corde vocali: urlare in guerra rappresenta un rischio per i compagni. Ma nelle teste dei sopravvissuti le grida di coloro che muoiono sono ancora più laceranti, proprio perché non emettono alcun suono. Nel silenzio sconcertante della solitudine, si fa strada in My Luck la consapevolezza che esista una mappa nella sua coscienza che lo aiuterà a risalire dall’oscuro precipizio della follia della guerra.
Nato in Nigeria, Chris Abani ha pubblicato a sedici anni il suo primo romanzo, per il quale è stato perseguitato politicamente nel suo paese, finendo in carcere per ben due volte. È autore dei romanzi GraceLand (uscito in Italia per Terre di Mezzo Editore nel 2006), L’ambigua follia di Mr Black (2007), Abigail - Una storia vera (2008), Canzone per la notte (2010). Questi ultimi 3 sono stati editi da Fanucci. Oggi è professore associato all’Università della California e ha vinto diversi premi letterari, tra cui il prestigioso Hemingway Foundation/Pen Award, il Freedom-To-Write Award, il Prince Claus Award e il California Book Award.