Ala al-Aswani -Sono corso verso il Nilo- recensione a cura di Giulia De Martino

Ala al-Aswani

Sono corso verso il Nilo

Feltrinelli, 2018

traduzione di Elisabetta Bartuli e Cristina Dozio

 

L’autore più osannato d’Egitto negli anni di Mubarak,non è più riuscito a trovare un editore in patria che pubblicasse questo suo ultimo romanzo sui giorni brucianti del 2011; in quel momento storico, la folla eterogenea dei manifestanti, costituita essenzialmente da giovani uomini e donne, determinò, nel corso di un anno,  la caduta del dittatore e dimostrò al mondo occidentale una forza e una determinazione a cambiare le cose come non si era mai vista nel mondo arabo. Il romanzo infine viene pubblicato nel sempre benedetto Libano che, con tutte le sue contraddizioni, riesce tuttavia a difendere una certa libertà di stampa nel panorama arabo, offrendo una sponda a quanti non riescono a pubblicare nei propri paesi.

Forse Mubarak era più liberale di Morsi o Al Sisi? Certamente no: ma il suo era ancora un potere  abbastanza indiscusso,che si poteva permettere una certa  magnanimità, soprattutto per darla a bere all’occidente, mentre Al Sisi e i militari al potere già sanno che, se non reprimono fortemente le voci dissenzienti, quello che è successo a piazza Tahrir può accadere di nuovo. Bisogna eliminare la possibilità di una nuova idea che si sta facendo largo in Egitto, anche dopo la sconfitta della rivoluzione: gli egiziani possono ribellarsi, contrariamente a quanto i poteri forti e lo stesso popolo avevano precedentemente creduto.

Indirettamente viene riconosciuta a Ala al- Aswani, che ha partecipato a quei giorni in prima persona con il gruppo degli intellettuali di Kyfaia e in virtù della sua popolarità,una forte capacità di influenza e persuasione.

Sono passati sette anni da quegli eventi e quattro ne ha impiegati l’autore per completare il romanzo: aveva scritto un saggio sull’argomento ma Ala al- Aswani è consapevole che un racconto con l’intreccio di fatti pubblici e vite private arriva più direttamente al pubblico perché ci fa entrare dentro i conflitti non solo sociali e generazionali, ma quelli interni a ciascun personaggio.

Infatti, i protagonisti di questa storia,che resta corale secondo uno stile collaudato già dai tempi di “Palazzo Yacoubian”, non sono tutti d’un pezzo, rivoluzionari accesi, senza dubbi e ripensamenti o reazionari biechi.

Il romanzo si apre con le abluzioni mattutine, precedenti la preghiera, del generale Alwani, capo dei servizi segreti e anche di una specie di super squadra di elementi che cercano di conservare il potere anche se lo perderà Mubarak, come si apprenderà in seguito.

 Il generale segue scrupolosamente le regole islamiche, non beve, non fornica con altre donne, non si droga, soprattutto ama teneramente sua figlia Dania, che gli sembra la più intelligente e la più promettente dei suoi figli. Ma dopo la scena della preghiera e della ‘sacracopula’con la moglie, scende nei sotterranei del terrore, dove si umilia e si tortura la gente che osa alzare la testa.

Ma il mondo è pieno di brave persone che fanno il loro dovere, convinti di agire per il bene dello stato o in nome di una presunta purezza razziale o ideologica: i nazisti,i fascisti, i comunisti,il Ku Klux clan,  i terroristi di al Qaedao del Daesh ce l'hanno fatto ben vedere...

E' per questo che i personaggi come il generale, il preside, il telepredicatore di successo, la conduttrice televisiva in voga e in smania di santità sono rappresentati con un'ironia sottile e beffarda che smaschera le buone intenzioni di cui si ammantano.

Lo scontro di piazza Tahrir si accende prima in casa che nelle piazze: la ragazza Dania è ribelle, studia medicina,ma fa tutto di testa sua, non ascolta i consigli di padre, madre e fratelli maschi. Quando, attraverso la conoscenza del giovane Khaled di cui si innamora, scopre che c’è un altro Egitto, diverso dal dorato apartheid delle classi alte che le offre il padre, un mondo pronto a esplodere, stenta ad entrare in azione, ama la sua famiglia, sente che può deludere i genitori ed è combattuta tra la solidarietà con i compagni di lotta, l’amore per Khaled e quello per la sua famiglia. Quando fa la sua scelta, dopo la morte del giovane, è una scelta sofferta.

 Anche il giovane Khaled ha dovuto combattere suo padre, una brava persona che si è fatta in quattro per farlo studiare e aiutarlo a raggiungere una posizione: Khaled muore sotto la brutalità della polizia egiziana e suo padre continuerà a chiedersi "perchè": lui è un bravo lavoratore, colpevole di aver voluto far avanzare di posizione sociale la sua famiglia, perché Khaled si è immischiato in cose più grandi di lui? Perchèfanno un processo fasullo dal quale il padre non otterrà nessuna giustizia per suo figlio,garantendo impunità all'ufficiale che lo ha ucciso?Il padre è il prototipo dell'egiziano medio,che ha creduto alle promesse di Nasser e poi alle avventure liberiste di Sadat, ormai disilluso è interessato solo a lavorare, a vivere meglio, disinteressandosi di chi detiene i fili del potere e di quanto costi la sua tranquillità, purchèvengano soddisfatte le sue esigenze primarie: lavoro, cibo, sesso e calcio, così riassume lapidariamente l'autore che non è affatto tenero con la passività dei suoi connazionali della classe media . Infatti il padre del 'martire' , incapace di inserirsi in un movimento di rinnovamento conoscerà un solo modo per estinguere la sua sete di vendetta. Covare vendetta è il necessario corollario di un popolo acquiescente quando non ne può più.

Ma Khaled sognava un mondo diverso, in cui libertà e democrazia andassero a braccetto con il  benessere materiale e sapeva di lottare anche per suo padre.

Poi c'è una coppia di innamorati che noi conosciamo solo attraverso le mail che si scambiano: Mazen, un giovane ingegnere che lavora in un cementificio italiano, tutto teso alle lotte sindacali degli operai della fabbrica: il lavoro lo ha trovato con l'aiuto di un dirigente della fabbrica, un ex-attivista comunista  via via disilluso dalla politica e accomodatosi nelle pieghe del sistema, rancoroso verso un popolo che non si merita nessun cambiamento perché ama i dittatori e le mani che lo percuotono.

Mazen impara ad apprezzare ed amare Asmà, giovane insegnante di inglese nella scuola pubblica in rotta con il suo ambiente scolastico: non si piega al velo e alla corruzione che domina il sistema, dove insegnanti mal pagati arrangiano lo stipendio convincendo intere famiglie, anche povere,  a recarsi da loro per lezioni a pagamento.

I due giovani, in un novello '68, vogliono una rivoluzione etica e culturale prima che sociale e politica: non è solo contro i Mubarak, i Morsi o gli Al Sisi che combattono ma contro una religione vissuta in modo asfittico e farisaico, contro un patriarcato endemico, contro valori di acquiescenza all'autoritarismo e al denaro ( così è sempre stato e non si può cambiare) che impediscono alle persone di ragionare con la propria testa.

Molto spazio viene dedicato dallo scrittore a Ashraf Wissa, il personaggio più problematico della storia. Non è giovane come gli altri, di famiglia copta abita in un grande palazzo che si affaccia proprio su piazza Tahrir e  si presenta come un aristocratico di vecchio stile ben vestito e buon parlatore, con velleità di scrittore, una moglie acida e retrograda, tutta tesa alla conservazione dei suoi averi e con una concezione della religione tradizionalista ed esteriore. Due figli che non vede mai,perennemente dalla parte delle ragioni della madre che abbandona la casa coniugale per tornare alla casa paterna.

E' un non allineato che passa il suo tempo a fumare hashish e ad elucubrare riflessioni in solitudine, ad acchiappare un po' di sesso e amore da Ikram, la serva di casa, come la definisce sua moglie, seguendo una tradizione dei signori di sempre.Finchè la rivoluzione che si sta svolgendo sotto le sue finestre non lo viene a trovare a casa e da quel momento inizia un processo lento ma ineluttabile di cambiamento che lo porterà ad essere uno dei sostenitori del movimento, impegnando i suoi averi e il primo piano del palazzo, di cui è proprietario, a favore dei giovani e dei vari gruppi politici.

Anche la sua relazione con la giovane Ikram, madre di una bimba e sposata con un farabutto, muta e perde i contorni squallidi con cui era iniziata. Sono una coppia in rivolta per amore che lotta contro le ipocrisie religiose e borghesi che impediscono una legittima unione tra classi sociali diverse.

Dilungarsi sulla costruzione dei personaggi è utile perché è il mezzo che sceglie l'autore per mostrarci settori diversi della società egiziana: mancano i contadini che da sempre restano dalla parte della tradizione, diventati il serbatoio dei Fratelli Musulmani o peggio della propaganda dell'Isis.

La novità rispetto ad altri romanzi o resoconti di blogger è che Ala al-Aswani sceglie di indagare i mezzi di comunicazione di massa dalla parte del potere: se il romanzo di Omar Hamilton "La città vince sempre" ci aveva condotto tra i giovani che utilizzano tutti i nuovi strumenti di comunicazione, mostrandocene anche il caos creativo e la penuria di mezzi, qui lo scrittore mette in campo i poteri forti che organizzano una propaganda capillare attraverso nuovi canali tv e con dovizia di mezzi economici, tutta tesa a screditare i rivoluzionari e impedire che l'intera popolazione egiziana si possa schierare dalla loro parte. Falsi video, inchieste fasulle, interviste manipolate vengono propinati ad ogni istante del giorno e della notte agli egiziani. I giovani sono pagati da Israele o dagli americani, i giovani fanno sesso in piazza e fumano droga, agenti stranieri brulicano tra di loro allo scopo di incrementare le sedizioni, si fanno beffe dei sacri principi dell'islam, anche se tra di loro ci sono dei giovani della Fratellanza, l'esercito che ha salvato il paese  dal baratro viene vilipeso e via dicendo...In sostanza, la violenza dell'esercito e della polizia o dei gruppi di difesa non meglio identificati  sono necessari per difendere il paese da un gruppo di scriteriati,le indagini sulla verginità delle ragazze che vi partecipano vogliono tutelare il buon nome delle ragazze.

I morti sul campo o nei sotterranei,  qualche copto,qualche fratello musulmano ( tra quelli che non si sono accordati con i vincitori) o qualche ragazzo straniero come Giulio Regeni, qualche studente o giornalista che si affanna a spiegare agli occidentali quello che sta veramente succedendo: non valgono bene la sicurezza del paese?

E' davvero il romanzo della sconfitta come il finale sembra suggerire? Vendicarsi o andarsene dall'Egitto è la soluzione? In un'intervista in Italia lo scrittore ci ricorda : non ci fu Napoleone e la restaurazione in Europa dopo la rivoluzione francese? Sembrò che la depressione prendesse il posto della lotta. Ci vollero molti anni perché tutti se ne rendessero conto, ma il mondo era cambiato per sempre.Succederà anche all'Egitto e al mondo arabo.

Niente a paragone con la scrittura dei giovani acerbi autori che si sono cimentati, pur mettendoci più passione e meno disincanto, nel narrarci questi eventi: qui domina lo stile e la maturità di uno scrittore impeccabile, che mescola storie di fiction, mail, testimonianze processuali o di testimoni oculari degli eventi.

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