Yewande Omotoso- La signora della porta accanto- recensione a cura di Rosella Clavari

 

 

 

YEWANDE OMOTOSO

La signora della porta accanto

66thand2nd, 2018

Traduzione di Natalia Stabilini

 

Nata nelle Barbados da padre nigeriano (anche lui scrittore) e madre caraibica, cresciuta in Nigeria per poi trasferirsi in Sudafrica, l’autrice già si presenta biograficamente aperta su più mondi che esamina con attenzione e riversa nella sua scrittura. Sappiamo che i suoi nonni arrivarono in Gran Bretagna con una delle prime navi che trasportavano uomini e donne dai Caraibi ; inoltre trae ispirazione dal  vissuto della nonna nel raccontare la storia di due anziane,  inguaribili nemiche all’inizio e poi solidali e disponibili pur mantenendo le proprie  posizioni. Mischiare biografia e inventiva fa parte del suo stile, infatti scopriamo che Marion è stata architetto come la Omotoso e Hortensia, come lei, ha vissuto tra l'Inghilterra, la Nigeria e il Sudafrica.

L’azione si svolge nella  zona di Constantia, quartiere bene ai bordi di Città del Capo , nel sobborgo di Katterijn ; il racconto procede con lentezza nelle prime venti pagine e ha il sapore di una descrizione borghese come i quartieri che descrive, in seguito il ritmo si fa più incalzante e soprattutto l’introspezione psicologica, la caratterizzazione dei personaggi principali: Hortensia nera, minuta, di professione designer , sposata con un bianco inglese e senza figli ; Marion, bianca di origini ebraiche alta e grossa, di professione  architetto almeno fino alla nascita della terza figlia.  Non possono profilarsi più nette le opposizioni tra le due  e questo innesca una serie di situazioni tragicomiche apparentemente senza soluzione,data l’intransigenza di entrambe. 

Vengono fuori delle citazioni filmiche nel corso della narrazione : “Thelma e Louise” , “A spasso con Daisy” e in effetti soprattutto quest’ultimo ci viene in mente notando l’indissolubile e profondo legame tra Hortensia e Bassey, il suo assistente: “c’era qualcosa di ordinato in Bassey, una sorta di compostezza […] una dignitosa spossatezza negli occhi, come un re stanco” . Al contrario delle infermiere che non resistevano più di due mesi con il carattere di Hortensia, Bassey era rimasto fedele a lei e a suo marito: “ le espressioni del suo volto portavano i segni della sopportazione: la silenziosa lunga sofferenza di coloro che si prendono cura degli altri”.Attraverso le voci di Marion e Hortensia, passa la storia del Sudafrica dal 1968 a oggi, questo è il motivo per cui non è  solo la storia di un’amicizia, è stata accolta anche come una metafora del Sudafrica soprattutto nella capacità di perdonare e sapersi riconciliare con il proprio passato. Tuttavia pensiamo che  l’autrice abbia creato  la giusta focalizzazione sul comportamento individuale sempre strettamente legato a quello sociale.   In questa storia individuale di due donne, inoltre,  c’è una presenza molto democratica, nel senso che non fa distinzione tra ricchi e poveri, tra neri e bianchi : la solitudine e il pensiero della morte imminente.

Erano due donne in carriera, ora sono due donne anziane e sole; Hortensia con le sue difficoltà a relazionarsi fin dai tempi dell’infedeltà del marito: "All’età di trentun anni Hortensia James iniziò a odiare […] All’inizio ce l’aveva solo con Peter, poi passò alla domestica, all’autista, alla donna del mercato”; Marion dal suo canto, proveniente da una famiglia ebrea che ha rinnegato le sue origini, coltiva i suoi pregiudizi razziali senza rendersene conto e si ritrova a occuparsi delle dissestate finanze gestite dal marito ormai defunto, priva delle cure dei figli. Le relazioni esterne riguardano il comitato di quartiere, le beghe condominiali e la ristrutturazione della casa. Sarà la momentanea difficoltà di Marion che deve sistemare la sua casa, a farla avvicinare alla sua secolare nemica Hortensia, in parte corresponsabile del danno e dunque disposta ad ospitarla.

La descrizione della psicologia femminile è ricca di sfumature e mai scontata. L’autrice fa compiere alle due donne, che alternano i ricordi della loro famiglia d’origine alla situazione del presente, un vero viaggio dentro se stesse. Si rendono conto di ciò che non si  è avuto il coraggio di cambiare nel proprio passato  e ciò che ancora si può cambiare. Da nemiche divengono alleate, complici, conservando le loro spigolosità. 

La vecchiaia discrimina tutte le donne- afferma la Omotoso- a una certa età si diventa invisibili. In questo racconto lo evidenzia con una scrittura efficace che deve molto sicuramente alla conoscenza di Nadine Gordimer, ma rivela la sua impronta personale nel  conservare leggerezza e umorismo anche nelle situazioni più drammatiche.

Durante le varie riunioni del comitato di quartiere, compare quasi di straforo ma in realtà percorre tutto il testo, come la scia lasciata da una lumaca, l’accenno alla restituzione della terra ai vecchi proprietari ( un problema noto in Sudafrica); la presenza di un albero accanto al quale gli schiavi lì sepolti vengono ricordati dai loro posteri; episodi di intolleranza e di razzismo che l’autrice volutamente fa emergere attraverso lo sguardo perbenista e noncurante degli abitanti di Katterijn. Fa parlare loro nel denunciare i fatti e inveire Hortensia contro loro e Marion.  

Non è solo il Sudafrica che interessa all'autrice, ma i vari modi in cui si relazionano popoli diversi e anime diverse. Scoprire dov'è il nodo cruciale e dov'è il punto di contatto.

In una recente intervista, la scrittrice preferisce alla definizione di afropolitan quella di panafricana;  per la sua appartenenza per nascita e vissuto alle Barbados, Nigeria e Sudafrica dice: "Ho parenti e amici in tutti e tre i posti. Ho tre nazioni nel sangue. Con lo stesso peso". Un esempio vivente della letteratura della diaspora di cui lo stesso Mandela aveva consapevolezza vedendo in essa la ricchezza multicolore dell’Africa e la possibilità di far conoscere l’Africa al mondo.

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