Ebale Zam Martino - ZAM - recensione a cura di Giulia De Martino

Ebale Zam Martino

Zam

Edizioni e/o, 2023

Traduzione di Alberto Birocci

 

Scritto nel 2018, compare, tradotto dal francese nell’ottobre 2023, un testo autobiografico di un famoso ballerino, cantante e coreografo belga di origine camerunense. Non un testo dal sapore autobiografico, ma una vera e propria autobiografia, corredata da foto di famiglia, di colleghi e allievi, di ispiratori- guida, amici, amanti e tante, tante foto di Zam, attribuibili a periodi diversi della sua vita, da cui traspare una forte concentrazione sulla eccezionalità della persona, a volte un tantino sopra le righe…

Il testo risulta interessante per molti motivi: la descrizione del milieu sociale in cui è cresciuto, quello della media borghesia protestante, della famiglia numerosa e dei rapporti soprattutto con la madre e la nonna materna che lo hanno indirizzato ai riti e alle danze tradizionali della loro etnia. Altri motivi di interesse sono la storia della sua identità sessuale in un paese come il Camerun che commina fino a 5 anni di carcere per omosessualità e il disprezzo fino all’omofobia dei suoi connazionali; riguardo tale aspetto, ci racconta il salvataggio psichico rappresentato dalla sua adesione al buddismo laico di Soka Gakkai e al maestro Daisaku Ikeda, fonte di meditazione e discesa dentro sé stesso per risolvere la non accettazione di un corpo decisamente maschile, involucro di un animo tutto femminile. Infine un altro motivo, che occupa molte pagine, è il suo status di immigrato senza documenti legali, in Belgio per ben sette anni, che lo ha avvicinato alle migliaia di migranti che attendono permessi, vivendo una vita senza diritti certi.

Fin da piccolo Zam, all’epoca chiamato Martino in Camerun, è stato a contatto con la discriminazione, dal momento che era il nipote di un nonno lebbroso, vissuto in un villaggio separato, perché, ancora oggi come ai tempi della Bibbia, la lebbra è considerata, in molti paesi africani, una malattia fisica, ma anche marchio di impurità commesse e quindi di punizione divina, da espiare con l’allontanamento dalla società. Molti riescono a sposarsi e a generare figli non compromessi dalla malattia, ma Zam ricorda che suo padre quando andava a scuola, era oggetto di derisione e razzismo da parte dei compagni che lo qualificavano come nipote di lebbrosi.

E’ da questo ambiente che il giovanissimo Zam prende spunto per le sue prime esibizioni di cantante e ballerino: la nonna materna era un’iniziata, maestra di cerimonie in diverse danze riservate alle donne, che insegna alla madre dell’autore il mengan, canto e ballo inventato dai lebbrosi per superare la sofferenza e dare un senso alla loro vita disgraziata. E’ ancora la nonna a pronunciare per Zam la parola atcheng, uomo con il talento e la flessuosità di una donna e fame-minja, uomo- donna con una connotazione non tanto di identità sessuale quanto di principio filosofico di yin e yang. Sua madre sarà dalla sua parte sempre e lo incoraggerà in tutte le strade che vuole intraprendere per fondare una nuova danza africana, solidamente fondata però sulle tradizioni e la spiritualità dei riti. Suo padre invece lo tiene a distanza, desiderando per lui una carriera simile alla sua, inserito tra le personalità importanti di Yaoundé.

Non è facile proseguire nella via scelta da Zam perché nel suo paese non esistono scuole di danza o accademie come in Senegal e Burkina Faso, con cui confrontarsi, né tanto meno sovvenzioni statali. L’autore allora viaggia per allargare i suoi orizzonti e sogna anche di misurarsi con la danza classica e quella contemporanea di stampo occidentale.

Sarà la meditazione buddista a dargli l’energia necessaria per radunare intorno a sé danzatori, musicisti e cantanti. Da qui l’ispirazione di fondare una scuola di danza privata per finanziare un gruppo di giovani, tolti dalla strada e a dare loro un avvio alla vita, non necessariamente nell’ambito strettamente artistico. Questo impegno sociale lo proseguirà anche quando arriverà in Belgio e si rivolgerà ai giovani figli di migranti, agli sbandati dei quartieri meno abbienti di Bruxelles. Fortunatamente il suo fascino e magnetismo gli fanno pervenire aiuti da privati sia di carattere finanziario che manageriale, di cui era totalmente a digiuno. Si libererà di questi problemi quando in Belgio otterrà finanziamenti statali e comunali, di accademie e scuole d’importanza internazionale. L’ambiguità del Belgio nei confronti del suo status giuridico, arriverà a non dargli per sette anni un regolare permesso, ma a rinnovargli ogni due mesi un foglio pieno di timbri, con cui potrà ottenere pagamenti per le prestazioni del suo gruppo uscendo dal paese, con la garanzia di poter rientrare: il colmo è rappresentare il Belgio in incontri di danza internazionali…

Per regolarizzare la sua posizione giuridica si appellerà al diritto dell’individuo, per cui rifiuterà con molta dignità i matrimoni offerti da alcuni suoi amanti, in seguito all’emanazione, in Belgio, della legge che regola il matrimonio tra omosessuali. Finalmente il permesso di soggiorno prima, e la cittadinanza belga poi, porranno fine a questo bizantinismo burocratico.

Zam , vulcano di idee, catalizzatore di incontri, frequentatore di corsi in diversi paesi africani, vive la sua sessualità con frenesia, senza fermarsi mai in relazioni durature e incontrando chi viene discriminato per l’HIV, nuova lebbra dell’Africa. Più diventa famoso ed esposto al pubblico più si moltiplicano gli attacchi omofobi a lui e ai suoi ballerini, tacciati e perseguitati tutti come omosessuali e lesbiche quando in realtà il suo gruppo include eterosessuali interessati alle musica e alla danza. Ad un certo punto si decide a partire per l’Europa, stanco di doversi difendere in continuazione dai suoi connazionali.

In Belgio avrà una relazione platonica con un uomo molto più grande di lui, che gli garantirà casa e finanziamenti per le sue attività: un legame padre-figlio che alla fine risulterà soffocante per entrambi, ma rimarranno in buona amicizia e legati da sincero affetto. Questa esperienza lo farà riflettere sul suo mancato rapporto col padre, peraltro morto prematuramente e sulla conseguente difficoltà a identificarsi con una figura maschile non accettando il suo corpo di maschio. D’altro canto non intende ricorrere ad una operazione chirurgica di cambio di sesso, arrivando a costruire una maggiore armonia dei due aspetti contrastanti della sua vita, attraverso un grande impegno nella preghiera e nella meditazione; questo significa tolleranza per gli altri, ma anche verso se stesso.

Oggi è un danzatore e coreografo apprezzato a livello internazionale, ma ciò non metterà fine alle sue continue sperimentazioni, passando anche attraverso fallimenti, tuttavia sempre pronto a ricominciare con una novità. I temi delle sue opere vertono sugli antichi riti, sui pregiudizi verso le donne, sulle vessazioni cui sono sottoposte le vedove, sui piaceri del corpo, sulle possibilità dello spirito di innalzarci dal fango. Unisce canti tradizionali, voci liriche, jazz e rap.

Molti suoi collaboratori aderiscono al buddismo, ma lui rifiuta di considerarsi un maestro, invitandoli a praticare un buddismo militante, a impegnarsi non solo nella denuncia dell’omofobia, ma di tutti i pregiudizi e discriminazioni che nella sua difficile vita ha incontrato.

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