Fouad Laroui, L'Esteta radicale, (a cura di Giulia De Martino)

Marocco

Fouad Laroui

L'esteta radicale

Editore Del Vecchio, 2013

Traduzione di Cristina Vezzaro

 

Un nuovo autore da conoscere per i lettori italiani che seguono gli scrittori provenienti dal continente africano, in questo caso dal Marocco. E’ la prima volta che Laroui viene, infatti, tradotto in italiano, sebbene scriva dagli anni ’90 e in Francia sia piuttosto noto. Perché anche lui non sfugge alla regola della maggioranza degli autori da noi presentati: scrive del Marocco, anzi dei marocchini, ma vive a metà tra Francia e Olanda. Ha scelto di scrivere in francese, superando il dilemma di molti autori: scrivere in arabo classico o nella variante locale, ormai assunta dal piano-dialetto al rango di lingua. Peraltro ha anche pubblicato una raccolta poetica scritta in olandese: siamo al massimo della pluridentità… Proprio per questo suo praticare mondo arabo e mondo occidentale, cogliendone in pieno le contraddizioni, fa del problema identitario uno degli assi portanti dei suoi contenuti letterari.

Ma è il retroterra culturale di Laroui a dirci che si sente a suo agio in mondi apparentemente opposti: ingegnere civile in Francia, docente universitario di econometria e di scienze ambientali in Olanda, attualmente professore di letteratura francese in una università di Amsterdam e autore di successo di romanzi , racconti e saggi. L’analisi della realtà marocchina, filtrata attraverso una pungente ironia, rivela una puntualità matematica e un senso della logica stringente ed esatta che si porta appresso evidentemente dai suoi studi e che ha contribuito a fargli trovare uno stile personale che è un miracolo di equilibrio tra tragedia e umorismo.

 Il titolo italiano del testo è tratto da uno degli otto racconti che compongono questo libro intelligente e divertente; nell’edizione francese Le jour où Malika ne s’est pas mariée  per Jouillard, 2009 si era scelto un altro racconto.

Interessante la cornice che costituisce la base da cui partono le storie: un gruppo di giovani, alcuni studenti, altri lavoratori, altri ancora, sembrerebbe, nullafacenti  si incontrano in un caffè all’aperto, il caffè Univers ( che già nel nome è tutto un programma…) di Casablanca. Chiacchierano, si scambiano opinioni, si raccontano storie attuali e del passato, prendendo spunto da qualche passante che vedono dalla terrazza dove si trova il locale, da qualcuno che per svariate ragioni li interpella o da episodi capitati loro personalmente, tampinati dall’implacabile cameriere che cerca di ottenere consumazioni superiori ad un caffè o a una bibita che a turno ordinano per guadagnarsi il diritto di sostare al tavolo e osservare il traffico e il passeggio. Chiunque sia stato in Marocco, in Algeria o in Tunisia conosce questa situazione: un branco di maschi che ammazza il tempo sputando sentenze o prendendo in giro qualcuno, oltre a ‘soppesare’ il valore dei posteriori femminili che capitano loro a tiro. Parlando, molti di loro rivelano il loro status di immigrati interni da sonnolente città di provincia o da zone rurali : ma Casa ( come chiamano i suoi abitanti familiarmente Casablanca) li ha resi tutti moderni, urbanizzati e borghesi, anche se faticano ad arrivare a fine mese.

Il tema della migrazione interna o all’estero  ritorna spesso insieme alla divisione tra campagnoli ignoranti e retrogradi / cittadini aperti e tolleranti e al rapporto con l’occidente europeo. Il giorno in cui Saddam fu impiccato mette in scena storie di vecchi migranti, come suol dirsi, integrati nella società di accoglienza, ma che ad un certo punto non ne possono più delle umiliazioni subite e si sentono “in attesa di esecuzione” come Saddam Hussein, di immigrati di seconda generazione, occidentalizzati e tuttavia scopritori di una propria identità araba cui non avevano prestato ascolto in precedenza finché non l’hanno vista calpestata con arroganza: non significa essere dalla parte del dittatore iracheno, ma sentire che quell’uomo umiliato, esibito al mondo in un modo inumano, in qualche modo era tutti gli arabi umiliati in occidente. L’esteta radicale si spinge decisamente sulla strada del paradosso comicamente tragico: un marocchino timido e piccoletto, complessato per via del suo fisico per nulla adeguato ai maschi palestrati e alle donne dai glutei sodi e rotondi che occhieggiano dalle pubblicità stradali, fa la sua vita , in Francia, di aspirante ad un po’ di benessere: studia all’università e lavora alla pericolosa ripulitura di cisterne in uno stabilimento petrolchimico, con difficoltà riesce a perdere finalmente la sua verginità con una sua collega e gli sembra finalmente di essere ben accettato in una Francia post 11 settembre che sembra guardare con diffidenza, se non odio, tutti gli arabi che incontra. Per un tragico errore della sorte, al momento dello scoppio di una delle cisterne, dilaniato in due, lui mite, viene scambiato per un pericoloso kamikaze che si è fatto saltare in aria. Il racconto vede lo svolgersi degli eventi successivi con i commenti pretestuosi e francamente idioti di medici, infermieri e poliziotti: di certo il fatto che il povero Ahmed portasse indosso 4 slip era da imputare all’idea di voler salvaguardare dallo scoppio…i gioielli di famiglia per potersi sollazzare con le urì nel paradiso raggiunto con il martirio! Solo la sua amica Zoe sa il segreto degli slip indossati per arrotondare i magrissimi glutei, ma sfortunatamente a malapena si ricorda di lui.

Ritorna ancora all’idea del povero che vuole afferrare un po’ di ricchezza e considerazione il racconto Essere qualcuno che narra di una delle tante sciagurate traversate dal Marocco alla Spagna con una imbarcazione del tutto inadeguata per affrontare il mare grosso: vi partecipa Lahcen che in mezzo ai marosi, sfinito dalla paura, dalla fame e dalla sete, sfida Dio, sordo e assente alle preghiere dei migranti. Il giovane rifiuta di pentirsi delle sue preghiere blasfeme e rivolgendosi ad un compagno gli urla :” e tu, smettila di parlarmi di Dio. Guardami: se Dio può tutto, allora camminerò sull’acqua e me ne ritornerò a casa”. E così fa: “scavalca il fianco della barca e si mette a camminare sull’acqua. O almeno così crede”.

Laroui non è tenero con gli europei, ma analizza con feroce satira i suoi connazionali, inseguendo e smascherando ogni forma di fanatismo, ignoranza e stupidità ,come nell’altro gruppo di racconti,soprattutto se quest’ultima proviene dalla burocrazia politica e dai rappresentanti delle classi sociali che sostengono ottusamente il potere, rifiutandosi di ragionare con la propria testa, trincerandosi dietro la tradizione.

Una forma di raffinata cattiveria nei confronti della burocrazia e della resistenza passiva dei suoi concittadini viene esercitata ne La strana vicenda del quaderno bounni: a partire da una assurda circolare, circa un misterioso colore di cui deve essere la copertina che deve ricoprire i quaderni degli studenti, inviata nelle scuole di una cittadina di provincia, si arriva a far originare la nascita della democrazia in Marocco.

O quando segue l’ emergere di un gruppo miserabile di terroristi falliti e da strapazzo ne Sulla strada per la cattedrale dove raggiunge effetti decisamente comici nei dialoghi dell’offeso contadino che ha domandato la strada per la cattedrale al gruppo dei giovani sulla terrazza del caffè Univers . Emerge la sufficienza con cui gli inurbati trattano i rurali, considerandoli poco più che muli, facendo sorgere in loro un desiderio di rivalsa e un forte risentimento nei confronti di chi si è modernizzato.

Personaggi strambi e bizzarri si susseguono in queste storie: sono il mezzo per far comprendere la realtà tragicomica, a parere dell’autore, in cui si dibatte la società marocchina attuale.


 

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