Francesco Staffa
Akuaba
d editore, 2020
Francesco Staffa, al suo primo esordio come romanziere, mostra fin dalle prime pagine un gusto per la descrizione e l'analisi di ambienti e persone, legato alla sua formazione culturale di antropologo.
La trama ruota intorno a misteriose statuette antiche di un popolo scomparso e a tre coppie : sei personaggi tutti diversi tra loro, accomunati dal desiderio di raggiungere i propri obiettivi ad ogni costo, disposti a pagare qualunque prezzo, per difendere segreti più o meno torbidi o raggiungere lo scopo di tutta una vita. La storia si dipana tra Nigeria, Roma, Amsterdam.
Ma la scelta dell’Africa non è il solito espediente esotico che offre un perfetto scenario per passioni incontrollate, istinti primordiali, fissazioni inconfessabili: spesso questo ha significato la rappresentazione di un’Africa primitiva che permette lo svolgersi della discesa psicologica agli inferi di personaggi tipo il Kurtz di “Cuore di tenebra” di Conrad.
Il romanzo allunga lo sguardo su una Africa reale e contemporanea, in gran parte si svolge nella Nigeria degli anni ‘70-‘80, quando la crisi petrolifera produsse la cacciata di più di un milione di immigrati clandestini provenienti da altri paesi africani, soprattutto dal Ghana, tanto che quella che si scatenò fu la caccia al “ghanese”, in seguito al decreto di espulsione emesso dal governo, che scaricava la crisi sui lavoratori stranieri.
All’autore non risultava estraneo tutto ciò: lo straniero ruba il lavoro all’autoctono, l’incitamento all’odio da parte di politici che in questo modo allontanano le critiche della popolazione dalla loro incapacità e corruzione…Già sentito in tempi recenti anche in Italia.
Così come una molla è stata la riflessione su che cosa succede alle persone quando si è costretti a fuggire all’improvviso, per guerre, disordini politici o disastri ambientali, come vediamo tutti i giorni nei nostri tg.
Per questo, dichiara lo scrittore in un’intervista, ha deciso di far partire la storia da quel momento storico-politico di trenta, quaranta anni fa in Nigeria.
Amma e Adebisi, la coppia di migranti clandestini che deve pensare a scappare per non incorrere nei rigori del decreto e nel generale clima di risentimento e astio nei loro confronti, saranno centrali nella vicenda sino alla fine. Nella fuga qualcosa va storto: lei, Amma, ingenua e fiduciosa nel prossimo, cade preda di una mafia criminale che sfrutta sessualmente le donne e vende i bambini che nascono lì in terra africana a quei ricchi che non ne possono avere in occidente. Di Adebisi si perdono le tracce, perlomeno apparentemente.
La coppia Guido e Ada, da Roma, dove lui svolge un lavoro di esperto d’arte per i Beni Culturali, s’intreccia a Lagos con quella di Franco e Fabienne: lui un faccendiere poco pulito, nato povero e ossessionato dalla ricchezza,compagno d’infanzia di Guido, retto e onesto che guarda criticamente alla posizione di potere e benessere raggiunta dall’amico, approfittando dell’allegra gestione economica dei ministri nigeriani al tempo del boom petrolifero. Le due mogli rappresentano due tipologie diverse: Ada, la donna che pensa se stessa completa solo nella maternità, Fabienne, l’hippie estrosa, libera sessualmente, affascinata dalle tradizioni locali, dalla magia e religione yoruba.
Quale genere se non il noir attuale offre la possibilità di incanalare questo materiale in una storia di segreti inconfessabili e misteri, sullo sfondo di eventi e fenomeni sociali reali? L’autore si spinge a inserire un articolo dell’ Unità del 27 gennaio del 1983 sull’argomento della fuga dei migranti da Lagos via terra e per aereo e si mostra estremamente accurato nella descrizione dei tristi luoghi dove le donne sono violentate, drogate, private di qualsiasi volontà e dignità. “Le fabbriche dei bambini” sono state chiamate. Ci apre anche uno spiraglio storico sull’origine della mafia nigeriana, collocabile nella nascita delle confraternite universitarie post-indipendenza: non è causata dalla povertà e dall’ignoranza ma trova un humus fertile tra i privilegiati, avidi di accumulare ricchezze rapidamente.
Non fa sconti a nessuno lo scrittore: dai governanti scellerati ai gradini più bassi della catena criminale. La critica post-coloniale investe gli occidentali quanto gli africani: ognuno cerca di arraffare quello che può. Anche i “buoni” della storia albergano dentro di loro pulsioni negative che tentano inutilmente di relegare al fondo delle loro anime. Alcuni tra i personaggi cercano di sollevare le loro coscienze nascondendosi dietro la complicità dei partner, come nel caso di Guido e Ada , di Franco e Fabienne.
Solo Amma è nel ruolo di autentica vittima: ha preso delle decisioni, forse avventate, dettate dalla paura e dalla necessità di salvarsi, ma non sceglie il male deliberatamente come gli altri personaggi.
Le scene di abiezione, degrado e violenza, forse eccessivamente insistenti nelle descrizioni minuziose, derivano da uno sguardo quasi da entomologo con cui viene osservato il male in azione: non c’è pathos, domina invece una lucida freddezza scientifica.
Il tutto è inserito in quadri temporali e spaziali che variano in continuazione, creando un po’ di ansia nel lettore che deve scorrere sempre qualche pagina indietro per non perdere il filo della vicenda: un noir, dunque, che tiene con il fiato sospeso fino alle ultimissime pagine, anche quando s’incomincia a intravedere lo scioglimento di certi nodi della storia, che non premia chi legge con un happy end, ma con un finale aperto che ognuno potrà interpretare come vuole…Ci si scuserà, perciò, se non abbiamo dato anticipazioni sulla trama.
Per essere un libro d’esordio, diremmo che presenta una capacità d’intreccio narrativo e uno stile molto abili e convincenti. Gli perdoniamo di averci ingannato con il titolo del libro che fa riferimento a una statuetta della fertilità, risultato di sua invenzione….come si evince da qualche intervista. Passione da antropologo...
Comunque l’autore ha affermato, in alcune presentazioni del suo libro, di avere già in mente un sequel che forse chiarirà i punti o i personaggi restati un po’ oscuri . Attendiamo.