La fuga di Rudo verso i monti Phezulu di Christopher Mlalazi (a cura di Giulia De Martino)

Zimbabwe

Christopher Mlalazi

La fuga di Rudo verso i monti Phezulu
Edizioni Terre di libri, 2014
Traduzione di Daniela Di Falco

Ancora un autore dello Zimbabwe,scrittore e drammaturgo, molto rappresentato nel suo paese, vincitore di numerosi premi in patria e all’estero, ma attualmente in giro per Europa e Usa, per borse di studio, seminari e conferenze in diverse università.
A dire la verità, ci piace di più il titolo originale Running with Mother, testo uscito in Zimbabwe nel 2012, perché immette con immediatezza nel fulcro della storia: la fuga di un nucleo famigliare sulle montagne per sfuggire ai disordini gravi e agli omicidi di massa commessi dall’etnia shona, maggioritaria,  ai danni degli ndebele, un altro gruppo presente in questo paese. Ricordiamo che negli anni ’80, dopo il raggiungimento dell’indipendenza, a lungo si sono scontrati i partiti di Mugabe a base shona e di Nkhomo a base ndebele, terminati con la estromissione di quest’ultimo e la repressione dei dissidenti fino al 1987.
Chi narra la storia è una ragazzina di 14 anni, Rudo,  che in pochi istanti, un giorno tornando a piedi dalla lontana scuola media con le sue compagne di classe, vede scomparire il suo mondo di affetti, la sua casa, la scuola e i suoi insegnanti: viene catapultata dai chiacchiericci e pettegolezzi, le piccole invidie tra amiche e cugine in un mondo violento e assurdo, di cui non capisce i contorni e le ragioni.
Per questo spesso, durante la fuga, si rifugia in immagini felici e spensierate del suo breve passato, legate alla numerosa famiglia di suo padre che, ndebele, ha sposato una shona. Ciò dona alla narrazione un tratto di immediatezza e di freschezza e di sana ingenuità.
Vede scomparire nude le sue compagne, allorché un camion di militari le ferma lungo la strada e intima a lei, di lingua shona di allontanarsi e alle altre ndebele di spogliarsi. La mente della ragazzina non riesce neanche a immaginare lo stupro che si consuma tra i cespugli e continuerà a sperare che le amiche si siano, in qualche modo salvate.
Così come non afferra il significato del rassicurante e familiare autobus di zio Ndoro in preda alle fiamme e uno sconvolto Ndoro che fugge, ormai immemore del mondo reale, colto da profondo choc.
Ma la brutalità più feroce la vede applicata nei confronti del padre che lei scorge nascosta tra i cespugli: un uomo umiliato con la nudità e torturato per costringerlo a bruciare la sua stessa casa, abbandonata per tempo dai suoi famigliari.
Inizia così l’odissea di Rudo, di sua madre e della sorella del padre Zia, una donna un po’ ubriacona che abita con loro dopo il divorzio da suo marito, a causa della sua sterilità. Ma la famiglia si ingrosserà perché ingloberà anche un nipotino di 5 mesi, l’unico sopravvissuto di una orrenda strage di famiglie del villaggio e anche lo zio Ndoro, che ad un certo punto ricompare, ormai inebetito e bisognoso di cure come un neonato.
In una bellissima natura di  rocce spettacolari, di cieli stellati,foreste e animali,fiumi in piena e piogge da diluvio universale  si consuma il viaggio verso i monti Phezulu, sacri alla memoria degli abitanti dello Zimbabwe, perché hanno ospitato i guerriglieri durante la lotta di liberazione dagli inglesi di Ian Smith.
E’ un miracolo che la ragazzina riesca a vedere certe situazioni con gli occhi di una certa comicità, che il piccolo emetta i suoi strilletti gioiosi, dopo le poppate che gli da la mamma di Rudo, che di recente aveva perso suo figlio e aveva ancora latte,che atti si solidarietà riescano ad avvenire in un quadro di forti sofferenze e  divisioni feroci. Si adattano a mangiare cose per molti immangiabili, a dormire per terra o in grotte di fortuna. Anche quando si perdono, rimane sempre la speranza di ritrovarsi e sopravvivere. Basta a Rudo la manina soffice del piccolo, le stelle mirate mentre si addormenta sicura al calore del corpo materno, la sicurezza con cui la zia riacquista fiducia in se stessa e aiuta a sbrogliare situazioni imbarazzanti.
Ce la faranno? Lo lasciamo scoprire ai lettori, perché il piccolo libro di circa 150 pagine si legge tutto d’un fiato, tanta è l’emozione che trasmette, grazie ad una scrittura rapida e  di taglio cinematografico che mescola  brio infantile con l’orrore.
Alcuni, in patria, hanno mal digerito questo testo che risveglia ricordi dolorosi di un periodo burrascoso: ma il Sudafrica ha insegnato che perdonare o riconoscere gli errori commessi non significa cancellare la storia che è stata, non significa passare un colpo di spugna sugli eccidi e le efferatezze avvenute, pace vuol dire riconoscere a ognuno il ruolo giocato e tornare a credere di poter convivere, sforzandosi di fare la propria parte. Ma forse questo potrà avvenire solo quando un autentico cammino di democratizzazione sarà avviata con la scomparsa di Robert Mugabe.

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