Nadine Gordimer, Ora o mai più, (a cura di Rosella Clavari)

SudAfrica

Nadine Gordimer

Ora o mai più

Feltrinelli, 2012

Traduzione di Grazia Gatti

In questo ultimo romanzo della Gordimer, al primo impatto notiamo delle consonanze con alcuni aspetti sociali contemporanei del nostro paese: la nuova emigrazione all'estero delle giovani coppie e più da vicino il clima di tensione e di aspettativa alla vigilia delle elezioni. Certamente parliamo di realtà ben differenti; qui siamo in Sudafrica, il paese che ha lottato per l'eguaglianza tra bianchi e neri e che, nel post-apartheid, tuttavia rimane il più ineguale del mondo, una realtà di estrema frammentazione linguistica e culturale e di tradizioni molto diverse tra loro.
Tuttavia chi vi è nato e ha lottato per i diritti umani come la coppia protagonista, Steve  e Jabu, icasticamente definiti" lei era nera, lui era bianco", nonostante la delusione del nuovo assetto politico, non trova poi così facile la decisione di trasferirsi all'estero.
Steve e Jabu, attivisti nella lotta anti-apartheid, si erano conosciuti e amati per la prima volta nella terra di confine dello Swaziland ,un amore clandestino allora, illegale; in seguito, dopo la liberazione del paese, si sono sposati, hanno avuto due figli e si confrontano con la nuova realtà intorno a loro; vanno a vivere a Glengrove Place, in un quartiere residenziale di Johannesburg, dove hanno per vicini i vecchi compagni di lotta, apparentemente imborghesiti ma in realtà sempre vigili su quanto accade nel paese.

Ai margini del loro quartiere cominciano ad affollarsi i rifugiati dello Zimbabwe, gli operai sono in agitazione e minacciano scioperi, la corruzione del regime nero è sempre più evidente. E' vero che la democrazia è ancora giovane, ha solo 18 anni, ma i problemi ereditati dal passato sono enormi, non è stata sconfitta la povertà, la violenza, la corruzione e alla vigilia delle elezioni emergono gli scandali e i giochi di potere. Qui la narrazione si fa vera cronaca, attraverso lo sguardo della coppia. Si parla di Zuma, del processo cui è sottoposto, dei suoi detrattori ma anche dei suoi difensori, memori del suo passato di prigioniero alla stregua di Mandela. Tra i difensori, con grande costernazione della figlia, il padre di Jabu, il grande anziano Baba, diacono della Chiesa e preside della scuola secondaria per ragazzi neri nel suo villaggio zulu. Il senso di appartenenza al suo clan è forte in Jabu anche ora che è una giovane donna avvocato e sempre grande è  stata la stima nei confronti di un padre che, a differenza di altri, ha ritenuto importante l'istruzione per la figlia, benché femmina. Baba è un africano tradizionale ma anche singolare poiché ha letto tanti libri della biblioteca in un'epoca in cui ai neri ciò non era consentito; la frase "ora o mai più" che ha trovato in un testo e che dà il titolo al romanzo è usata spesso da Baba per sottolineare la necessità di fare la cosa giusta subito, di cogliere il momento.
Anche nella famiglia di Steve, bianco ed ebreo per parte di madre, il senso di appartenenza si rivela necessario: accade durante il rito della circoncisione che il fratello vuole fare per il figlio e che Steve considera solo una mascherata dal momento che non sono stati mai dei praticanti; tuttavia Jabu è attratta da questa cerimonia e vi partecipa gioiosamente con la complicità della cognata che la esibisce al pubblico dei familiari, affascinata dalla sua diversità.
Differente è l'impatto con la società sudafricana della nuova generazione che si affaccia all'orizzonte, rappresentata dai figli della coppia, gli adolescenti Sindiswa e Gary Elias.
Sindiswa "equanime e allegramente ricettiva a tutti e a tutto", vive tra modelli televisivi e rivendicazioni di giustizia sulle orme della madre avvocato: sarà lei che insisterà per portare con loro in Australia l'anziana Wethu, allontanatasi dal clan materno per aiutare Jabu nella crescita dei figli ; è parte della famiglia dal momento che le è stato ricavato uno spazio privato nel giardino di casa, lì dove c'era un pollaio, trasformato in un comodo cottage. Contro le affermazioni dei genitori che protestano l'impossibile integrazione dell'anziana nella nuova terra, lei sostiene che potrà farlo come loro.  Gary dal suo canto, dopo un inizio da "bambino difficile", felicemente abbraccia la sua doppia cultura e il bilinguismo inglese e isiZulu; ogni volta che ritorna nella casa del nonno materno ritrova i suoi compagni di gioco e l'autorità affascinante dell'anziano. 
Impossibile non provare simpatia per la coppia ed entrare in empatia con loro, con il loro pubblico e privato "una sintesi in loro fin da quando si sono incontrati[...] e la cosa non cambia nel post-apartheid, nella libertà".
Intorno a loro vivono le stesse contraddizioni e difficoltà anche gli amici , gli ex "quadri", i "compagni" e le nuove amicizie come i "delfini", gli amici gay della piscina nel Quartiere, tra cui Marc un commediografo che a sorpresa poi sposerà una donna.
La violenza quotidiana che alberga nella città non mancherà di colpire anche loro; l'amico  Jack, aggredito mentre rientra in casa e l'anziana Wethu picchiata dai ladri nella casa da cui la famiglia si era assentata per una breve vacanza.
Una libertà di classe sembra sostituirsi a quella di colore nella nuova realtà sociale e la corruzione dilagante non infonde fiducia nel futuro.  Il ruolo, la classe, spesso blocca l'individuo, vittima o carnefice che sia. Si matura nella coppia, prima in Steve e in seguito in Jabu, la decisione di emigrare in Australia.  "Ora o mai più", la frase si riaffaccia, restare lì in Sudafrica o emigrare in Australia?   Passare da una società antica, multicolore, mescolanza di idee, culture, a un'Australia giovane,"preconfezionata" dove è necessario appena l'inglese? L'esito finale a sopresa è riservato al lettore.  
All'interno del racconto si succedono atmosfere sapientemente evocate, dalle intese silenziose e profonde della coppia alle occasioni mondane, piene di rumore, convenzioni e luoghi comuni come quella del convegno cui è invitato Steve in qualità di insegnante universitario; ci sarà una sua breve avventura sessuale- quasi una convenzione, anche quella, dettata dalla bionda controparte femminile- con la direttrice del convegno che una volta ritornato a casa, vorrebbe confessare alla moglie ma poi all'ultimo accantona: il loro rapporto naviga più in alto, cementato dalla lotta che li ha fatti conoscere da giovani studenti.
Altra atmosfera ricreata felicemente è quella del clan del padre di Jabu, Baba, dove Steve è accettato in quanto marito della figlia mentre il figlio vi si muove con disinvolta padronanza.
La traduzione dall'inglese "No time like the present" può voler dire anche "adesso è il momento migliore". Ma, ci ricorda la Gordimer, -per vivere in Africa bisogna avere una prospettiva africana della storia e l'unico modo per entrare nel futuro è conoscere il passato africano-.
Scopriamo qui in lei, una vena da ottimista realista, nonostante i conti col passato. Rispetto al lontano romanzo dei suoi esordi "Occasione d'amore" dove il rapporto di una coppia mista era attraversato dall'angoscia e dalla disperata impossibilità di esserci, di amarsi, qui la coppia è uscita finalmente allo scoperto seppure pronta a ricominciare la lotta affrontando nuovi problemi.
La militanza letteraria dell'autrice è sempre vigile sulla ricostruzione di una memoria alla ricerca della verità andando oltre e dentro i fatti, dando voce a più persone e facendo confluire nel testo la tridimensionalità del tempo.  In questo modo la sua narrativa fa emergere l'evento storico così com'è vissuto dai singoli individui, portando alla luce la relazione tra loro e nel contempo risvegliando nell'animo del lettore l'importanza della sua relazione con l'umanità e la realtà circostante.
 

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