Nonnadiciannove e il segreto del sovietico di Ondjaki (a cura di Giulia De Martino)

Ondjaki

Nonnadiciannove e il segreto del sovietico

Editore Il Sirente, 2015

Traduzione di LIVIA APA

L’operazione è stata già tentata dall’autore in Buongiorno compagni( alla cui recensione, presente nel nostro sito, rimandiamo) : presentarci un Angola, uscito dalle lotte per l’indipendenza, ma ripiombato in una guerra civile, con tanto di presenza sovietica e cubana a sostenere il governo dell’MPLA, non con le parole della Storia, ma con le opinioni che si sono fatti dei bambini che la guerra ai ‘portuga’ non l’hanno fatta, ma l’hanno sentita dai discorsi dei grandi in famiglia e in quartiere, dagli insegnanti a scuola e dai comunicati ufficiali alla radio.

Qui, però, l’atteggiamento di Ondjaki è più radicale nel linguaggio e nel contenuto: non ci troviamo più nella vita perbene e un po’ privilegiata del protagonista di Buongiorno compagni,ma nel popolare quartiere di Praia Do Bispo, in riva all’oceano, dove il Compagno Presidente ha deciso di far costruire un Mausoleo per conservare la salma imbalsamata dell’eroe dell’indipendenza Agostinho Neto, affidandola ai sovietici. Costruzione realmente esistente e peraltro mai terminata e che, ancora oggi, spicca nel panorama di Luanda come un missile puntato verso il cielo.

E’ una strana baraccopoli  Baia Do Bispo , abitata in gran parte da nonne reali e sotto forma di fantasmi , da bambini su cui sembrano avere più influenza il cinema e la televisione che la scuola, dal matto del paese SpumaDelMare che blatera oscure profezie di stelle, uccelli, onde e conchiglie e che possiede, così si vocifera, un coccodrillino in una cuccia per cani , da un gestore di una pompa di benzina senza benzina e senza acqua se non quella salata del mare, dal panettiere che ha inventato una fila per il pane fatta da pietre che ciascuno posa per terra per segnalare l’ordine di arrivo, di vecchi pescatori che sanno tutto del linguaggio dei pesci e di venti, da pappagalli in gabbia che dicono parolacce , frasi ufficiali sentite alla radio o battute di telenovelas.

Senza contare i  militari sovietici, fonte di divertimento per tutti: vestono divise pesantissime per il clima caldo, sudano e puzzano, ma non si fanno mai il bagno al mare, come se non ci fosse ,e diventano rossi come aragoste al sole cocente di Luanda, “aragoste azzurre” li chiamano i bambini, dato che quello è il colore delle loro divise. E soprattutto parlano il sovietichese , per tutti incomprensibile, senza aver mai imparato l’angolano, che storpiano fino all’inverosimile, come il povero Bilhardov che sovraintende ai lavori di costruzione del Mausoleo e che rende spesso visita alla NonnaAgnette nella casa del piccolo narratore, oltre al compagno dottore cubano, detto Raphael TocToc: visite di cortesia o di corteggiamento? Così sussurrano alcuni : certo tanto vecchia questa nonna non deve essere se suscita l’attenzione dei due uomini, che forse vogliono portarla in Russia o a Cuba con grande apprensione di tutti i nipoti.

Su tutti incombe la paura che il governo voglia distruggere le case esistenti per fare un bel quartierino di fronte al Mausoleo, circolano delle piante e dei progetti sul giornale locale, in cui , assicurano i bambini che li hanno visti, non ci sono disegnate né la casa di NonnaAgnette né la casa del Vecchio Pescatore e via dicendo. Non credono alla promessa che ci saranno, altrove, casette belle e nuove per loro. E dove poi? Lontano dall’azzurro del mare e per fare che?

Lo sgomento che domina sovrano fa venire in mente ad un ‘ commando ‘ di tre bambini una azione brillante:distruggere tutta la dinamite, già accatastata in una baracca del cantiere, per impedire di usarla contro le case di Praia Do Bispo.

A questo punto bisogna presentare il piccolo stratega  del gruppo, il compagno Pi, che provvisto di una solida cultura a base di Trinità, Bud Spencer , film di  cauboi , di guerra sul Vietnam  e sceneggiati televisivi sfodera piani e linguaggi appropriati come compiere’ una uscita inaspettata’, ‘fare una ricognizione ‘, ‘battere in ritirata’, ‘sincronizzare i tempi ‘e soprattutto  conosce come far saltare la dinamite. Il piccolo narratore, anonimo, e Charlita, una bimba con occhiali  molto spessi,oggetto che deve condividere con le sue numerose sorelle, restano affascinati, sconvolti, impauriti, ma pronti all’impresa.

Il piccolo protagonista è un sognatore, sempre teso a fare tesoro degli insegnamenti della nonna, a chiedersi il perché di certi comportamenti dei grandi  (sia vicini come parenti e amici sia delle autorità costituite), a lambiccare  spiegazioni inaudite per i fenomeni della natura, a vedere e sentire cose che gli altri non vedono e non provano, a stare naturalmente dalla parte di chi è diverso, a inventarsi un linguaggio metaforico e metonimico per parlare di suoni e colori.

Ha qualcosa del Pinin del Sentiero dei nidi di ragno di Calvino o dei ragazzini della Morante, come se il mondo, la realtà degli adulti fosse sopportabile solo se interpretata con artifici retorici, con l’innata saggezza dell’infanzia mescolata alla fantasia. Una fantasia nutrita dalle mille storie ascoltate dagli anziani vivi o morti che siano e che ritorna, nell’autore adulto, come possibilità di interpretare la storia, rendendo leggero ciò che sarebbe, altrimenti, insopportabile, disegnando una comunità alternativa di uomini e donne, angolani , sovietici,cubani legati da solidarietà e da un attaccamento ad una terra che li ha fatti soffrire ma anche gioire intensamente.

La guerra è lontana, è una minaccia per i bambini cattivi, “ti mando nell’esercito in Sudafrica”, si sentono ripetere ( ricordiamo che Sudafrica e Stati Uniti appoggiavano il partito avverso  al MPLA ). L’accento è riposto sulle mille piccole difficoltà quotidiane che possono affliggere una piccola comunità.

Il sovietico Bilardhov –Botardov sarà capace di un bel gesto, che qui non spiegheremo per non rovinare la sorpresa, il dottor TocToc farà ballare il tango nella hall dell’ospedale militare alla NonnaAgnette prima di farle affrontare un’operazione  che la priverà di un dito del piede per salvarla dalla cancrena, motivo per cui sarà chiamata Nonnadiciannove. Il matto SpumaDelMare libererà pappagalli e uccelli in gabbia.

Il testo comincia dalla fine, dalla meravigliosa esplosione che regala non solo al quartiere ma a tutta Luanda un caleidoscopio di colori in cui perdersi e incantarsi.

Ma saranno stati veramente i bambini a farlo o il destino ci ha messo lo zampino?

Da lì inizia la narrazione dell’avventura in una koinè linguistica fatta di lingua locale, di spagnolo cubano, di ‘sovietovski’inventato, di battute televisive unite a quelle delle nonne superstiziose e ignoranti, ma estremamente immaginifiche. Ne viene fuori un qualcosa di simile ai linguaggi segreti dei bambini quando giocano terribilmente seri, di tenerezza e di sberleffo, di scienza e concretezza ridipinta con i pennelli dell’innocenza e dell’inconsapevolezza infantile.

L’autore usa un portoghese piegato ai suoi desideri artistici e stravolto all’inverosimile, ponendo dei problemi di traduzione, come spesso succede agli autori lusofoni africani contemporanei.

Forse anche l’autore ,che da anni vive in Brasile, riesce a sopportare l’Angola attuale, diventato il secondo produttore di petrolio in Africa e in piena espansione economica, mantenendo il sogno rivoluzionario di cambiamento sotto forma di poesia . L’Angola resta un paese dove la maggioranza della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, dove la scuola continua ad essere per pochi, dove la democrazia e la giustizia sociale sono scomparse dall’orizzonte di un partito e di un presidente che dominano da anni incontrastati, ingrassando solo una cerchia ristretta che fa affari con l’Europa e l’America, con la Russia e la Cina e finanche con il nemico passato, il Sudafrica.

Il ricordo dell’atmosfera respirata negli anni ’80, durante la quale è trascorsa l’infanzia dell’autore, diventa forse la promessa fatta dal piccolo protagonista del testo alla nonna di trattenere nella memoria tutto quanto ha visto e ascoltato e trasformarlo in una narrazione: la storia di una comunità che rappresenta quello che avrebbe potuto essere l’Angola post-coloniale, il sogno di una rivoluzione  di cui si accarezza ancora la speranza.

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