Orlanda Amarillis - Soncente .Racconti d'oltremare - recensione a cura di Giulia De Martino

Orlanda Amarillis

Soncente Racconti d'oltremare

Aiep Melting pot, 2024

traduzione di Maria Teresa Palazzolo

 

Siamo particolarmente contenti della riproposta, nel corrente anno, del testo della scrittrice capoverdiana Orlanda Amarillis, comparso nel 1995 in italiano per la traduzione di Maria Teresa Palazzolo, uno dei fondatori di Scrittidafrica, scomparsa nel 2006, dopo una intensa opera di convincimento e una grande capacità di coinvolgimento per creare un gruppo che si facesse promotore della conoscenza e diffusione delle letterature africane. Era un modo per contrastare i pregiudizi, le mistificazioni e l'ignoranza nei confronti del continente africano, circolanti soprattutto dagli anni '90, al momento dell'esplosione in Italia del fenomeno migratorio.

Soncente non è altro che il nome dell'isola di Sao Vincente in creolo, idioma nato dall'incontro della lingua dei colonizzatori portoghesi e le diverse parlate africane arrivate nell'arcipelago con gli scambi commerciali e con la schiavitù di alcune popolazioni ivi deportate, in particolare della Guinea.

La scrittrice, morta nel 2014, ha vissuto, oltre che a Lisbona, in molti paesi, cercando sempre di trasfigurare l'emigrazione e la sua problematica con le armi letterarie che contaminavano la realtà con il fantastico, affidandosi alle immagini ed espressioni delle tradizioni folkloriche del suo paese. L'arcipelago capoverdiano ha da sempre come tema dominante la fuoriuscita volontaria o forzata dei suoi abitanti, in maggioranza uomini il che ha creato un mondo al femminile che restava in patria a crescere i figli, a resistere alle avversità climatiche, a forgiare caratteri di donne forti e combattive.

Questo è precisamente ciò che contengono i nove racconti, selezionati da quattro precedenti raccolte, in cui il realismo crudo delle dure vite narrate tra siccità e carestie si mescola con le risate e la gioia di vivere, la descrizione incantata dei paesaggi fa da sfondo ai ricordi nostalgici di chi è partito e alla rassegnazione di chi resta, dove le cose non sempre sono rappresentate con il loro nome ma con un equivalente magico. E non tutto è ciò che sembra, anche la morte.

Il testo si apre con Cais-do-sodré, in cui predomina la nostalgia del migrante: è la storia di una giovane donna, Andresa, ormai abitante a Lisbona, proveniente da una buona famiglia di Sao Vincente. Non le è mai piaciuto accodarsi agli altri compaesani, ma da un po' di tempo prova l'irresistibile voglia di parlare con qualcuno nella sua lingua, ricordare i tempi passati, rievocare amicizie ed episodi di vita in comune. Non sa spiegarsi il perché ma accetta di passare un po' di tempo con una capoverdiana non proveniente dal suo milieu sociale, tuttavia del suo stesso quartiere, con cui non ha nulla in comune, neanche le fole stregonesche di cui si nutrivano le comari ...Ma tant'è...vince irresistibilmente la nostalgia. E la nostalgia è protagonista anche nel racconto Salamansa dove l'emigrato Baltazar, tornato per qualche tempo a Sao Vincente, si lascia prendere dai ricordi. Proustianamente è il profumo dei gelsomini che si sparge per tutta l'isola dai giardini a far scattare la memoria: di Linda, una bella ragazza, dai costumi liberi che lo ha iniziato al sesso, da lui amata poco più che adolescente, ma anche della gioventù spensierata trascorsa con gli amici in memorabili nottate sulla spiaggia. Ora tutto è cambiato: Linda non c'è più nell'isola, forse prostituta all'estero, gli amici sono tutti emigrati come lui in diversi paesi, non conosce più nessuno. Ma la sua carne freme ancora al pensiero del corpo di Linda e di quell'amore lontano, a suo modo sensuale e innocente.

Il secondo racconto parla dell'esperienza della morte di una bambina che, andando a scuola, trasgredisce gli ordini famigliari di non inoltrarsi tra le povere case del degradato Canal Gelado, dove lei si ostina a passare con la scusa di comprare un certo dolcetto da una povera donna, madre di un figlio molto malato: lì si incuriosisce di tutto quello che si crea intorno alla morte dell'uomo. La bambina intraprendente e impertinente viene però allontanata dalla madre disperata del morto che non tollera la presenza di una che non sa niente delle sue sofferenze e che viene a curiosare tra i poveri da un ambiente benestante.

Di bambine e ragazze impertinenti ce ne sono parecchie in questi racconti: che si rivoltano contro anziani, padri e fratelli, preti, maestri e professori e cercano strade alternative alla vita di privazioni, capaci di vivere il sesso gioiosamente, anche se spesso dietro l'angolo si profila la prostituzione in patria o all'estero.

Alcuni racconti sono ambientati durante la liberazione e l'indipendenza, altri durante la colonizzazione come Xanda, all'epoca dei mondrongos, così erano chiamati popolarmente i bianchi portoghesi. Ecco un'altra ragazza, liceale disubbidiente e indipendente, che prende in giro dei poliziotti chiamandoli piducas, pidocchi. Convocata dalle autorità a risponderne anche con la prigione, non si perde d'animo: diventa l'amante dell'amministratore dell'isola e finisce anche in Portogallo. Ma voci ben informate ne raccontano la triste fine: prostituta e madre di un bambino, sola e disperata. Chi ne aveva conosciuto la vitalità si dispiace e vorrebbe dell'isola conservare solo il ricordo del cielo, del mare e dell'Isolotto degli uccelli.

In questi racconti ci sono morti che non sanno di essere morti, ragazze disilluse nelle aspettative di vita che si tramutano in insetti schifosi degni di essere schiacciati con una pedata, una sorta di kafkiano Gregor Samsa in versione capoverdiana.

Protagoniste indiscusse le chiacchiere delle comari nelle piazzette e davanti casa, simili a quelle che si incontrano nelle novelle di Pirandello o nei romanzi di Verga e le discussioni dei maschi nei tavolini dei bar: vere e proprie rappresentazioni sociologiche di un mondo remoto e provinciale, sprofondato nelle sue credenze magiche, ma tuttavia aperto e desideroso di cambiamenti. Su tutto alita perennemente il vento, l'aliseo di nordest che per 365 giorni l'anno inesorabilmente spazza i cieli delle isole, oggi paradiso per i surfisti.

Un testo affascinante pur nella inquietante e fantastica rappresentazione di un reale forse per noi un po' incomprensibile, espresso in un linguaggio raffinato, variegato, ricco di termini creoli, con frequenti sbalzi temporali o bruschi passaggi da un ordine stilistico ad un altro, che sembrano riflettere la storia non lineare e tormentata di questo paese.

 

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