Renzo Guolo - Una missione civilizzatrice - recensione di Habté Weldemariam

Renzo Guolo

Una missione civilizzatrice.

Marcel Griaule, l’Etiopia e l’Italia fascista

Meltemi, 2024

 

Nel giugno 1932 la missione etnografica francese Dakar-Gibuti, guidata dall’etnologo Marcel Griaule entra in Etiopia.

Il volume “Una missione civilizzatrice” (1) fa luce sulle sorprendenti vicende legate alla presenza della “missione” nel tormentato Paese del Corno d’Africa - alcune dai tratti di autentiche spy story - ma anche sulla strategia politica italiana, volta a delegittimare l’Etiopia e a renderla preda del proprio espansionismo.

Il saggio è il risultato di una ricerca che ha indagato l’eredità coloniale e la continuità delle logiche coloniali con le politiche europee in Africa oggi. Mentre l’autore, Renzo Guolo, definisce quella missione il “momento fondativo” dell’etnologia francese sul terreno - una missione che colmava i ritardi di Parigi nei confronti delle altre potenze coloniali - l’ingresso della Dakar-Gibuti in Etiopia coincide con una delle fasi più intense della “politica periferica” e/o “svolta espansionistica” del 1929 dell’Italia fascista in Etiopia.

Pochi scrittori di narrativa affrontano nei loro libri il tema del colonialismo italiano in Africa (2). Con “Una missione civilizzatrice” Renzo Guolo, professore di sociologia all’Università di Padova, affronta una piccola parte della vicenda umana e scientifica dell’antropologo francese Marcel Griaule (noto soprattutto per le sue ricerche sui Dogon del Mali) nel corso della missione Dakar-Gibuti del 1931 organizzata per raccogliere oggetti e conoscenze sulle popolazioni dell’Africa sub Sahariana. Una missione difficile in quanto viene a toccare una complessa scacchiera di interessi delle potenze coloniali in Africa in Etiopia, ma con risvolti in Europa, segnati dall’attivismo africano del regime fascista.

Quando l’etnologo giunge nel paese, la tensione si fa sentire, in particolare, a causa del concomitante tentativo di rovesciamento del potere centrale etiope architettato dal Barone Raimondo Franchetti, che intrattiene stretti rapporti con Mussolini. Anche per questo Griaule è rimasto bloccato per quasi due mesi alla frontiera tra Sudan anglo-egiziano e Etiopia. Nel pianificare la tappa etiopica Griaule non aveva messo in conto particolari difficoltà politiche; solo dopo lunghe ed estenuanti trattative tra Parigi e Addis Abeba la situazione si sblocca e troverà sistemazione nel consolato italiano di Gondar, che si offre di ospitarlo. Gli etiopi sospettano che la missione non abbia solo fini etnografici; Griaule era stato già ospite nel 1929 del ras Hailù, governatore del Goggiam e strenuo oppositore dell’imperatore Hailé Sélassié, presso il quale l’etnologo intende nuovamente recarsi.

Inizia così un soggiorno segnato da un crescendo di tensioni con le autorità etiopi che Griaule cercherà di contenere appoggiandosi al console Raffaele Di Lauro, che era uno dei più convinti sostenitori della sovversione italiana ai danni del Negus. Non è, però, la cortesia diplomatica che spinge il console ad aprire le porte alla “missione etnografica Dakar-Gibuti” e Griaule a mettersi sotto la sua protezione; ma le tensioni tra i francesi e le autorità etiopi, che l’Italia di Mussolini, ormai impegnata a pianificare la conquista dell’agognato “posto al sole”, intende sfruttare.

Di Lauro, che ha come compito specifico quello di perseguire attivamente la politica italiana di espansione in Etiopia, vuole sfruttare l'indagine di Griaule sulla schiavitù a Gondar quale esempio di "barbarie" per screditare l’Etiopia, incapace di debellare il fenomeno schiavistico. Accusa, quella italiana, tesa a legittimare la prospettiva di un intervento "civilizzatore", una politica che Roma persegue, con sempre maggiore intensità, anche attraverso la rete informativa e operativa costruita nel tempo dall'ex governatore dell'Eritrea, Jacopo Gasparini. Gli italiani volevano presentare l'Etiopia come un paese barbaro: stigma che consente, appunto, di legittimare l'intervento militare italiano nella prospettiva della "missione civilizzatrice" e per farlo, utilizzarono, appunto, le ricerche di Griaule sullo schiavismo.

 

Guolo si muove su una "doppia narrazione": mostra quello che succede in Italia e Francia, a livello di governo e diplomazie e, contemporaneamente sul terreno etiope la guerra ideologica, perché concepita come “guerra fascista” ammantata dal proclama della “missione civilizzatrice” destinata a emancipare la “barbara” Etiopia dai suoi retaggi feudali. Guerra che, in nuce, contiene già le derive razziali degli anni successivi, l’atteggiamento di disprezzo verso gli stati non totalitari e le istituzioni collettive come la Società delle Nazioni, la fascinazione per la politica del fatto compiuto… Fattori che condurranno l’Italia, sin dalla successiva Guerra di Spagna, al progressivo avvicinamento alla Germania nazista e poi alla scelta di schierarsi con Hitler nel secondo conflitto mondiale.

Così, una volta scoppiata la guerra che avrebbe portato alla proclamazione dell'Impero, e dopo avere compreso di essere stato in sostanza “manipolato” dagli italiani, Griaule si schiera con tutta la sua forza e volontà a fianco dell’Etiopia contro l’Italia fascista, raccontando sui giornali le tensioni tra Addis Abeba e Roma e denunciando la guerra ideologica del fascismo, che cercava di far passare l’idea di una “missione civilizzatrice” destinata a emancipare le popolazioni locali dai retaggi feudali.

 

Preda del senso di colpa per essersi appoggiato al console Di Lauro e, di riflesso, all’Italia fascista e nonostante il parere contrario della diplomazia francese, Griaule, non solo prenderà decisamente le parti dell’Etiopia, ma accompagnerà l’imperatore in Europa nel 1936 e scriverà il vibrante discorso di denuncia delle responsabilità italiane che l’Imperatore pronunciò alla Società delle Nazioni il 30 giugno 1936.

L’interesse di Griaule per l’Etiopia non si chiude con la fine della Missione Dakar-Gibuti. Profondamente affezionato all’Etiopia, di cui aveva appreso le complesse lingue ge’ez e amarico, tra il 1935 e il 1938 Griaule racconterà, dalle colonne di quotidiani e settimanali, prima i contrastati rapporti tra Addis Abeba e Roma, poi la guerra scatenata dall’aggressione italiana.

 

 

 

Note:

(1) Una missione civilizzatrice, per Griaule, è il resoconto di come l’etnologo sviluppa la propria disciplina in un contesto iniziale vincolato all’epistemologia positivista la cui premessa è che l’osservazione antecede la teoria. Dove quindi si deve partire dalla ricognizione degli “oggetti sul campo”. In questa prospettiva Una missione civilizzatrice studia dal punto di vista sociologico della cultura e della scienza come nel primo Novecento francese si manifesti quella particolare forma di sapere sociale chiamata etnologia. E di come la disciplina si sviluppi in quella particolare “zona di frontiera” tra scienza e società e della loro reciproca coevoluzione data dal “vecchio” mondo coloniale.

(2) Ci sono stati alcuni scrittori che si sono cimentati con il fenomeno, pochi a dir la verità. Penso a Carlo Lucarelli, che ha scritto dell’Eritrea al tempo della disfatta di Adua; a Davide Longo con Mattino a Irgalem, a Enrico Brizzi con il suo ucronico L’inattesa piega degli eventi e al romanzo storico I fantasmi dell’impero di Dodero, Panella e Consentino. E poi c’è il capostipite, Ennio Flaiano con il capolavoro Tempo di uccidere, che però è un libro del 1947 ed è quasi autobiografico, perché lui stesso combatté in Etiopia.

Per il resto è vero, il fenomeno coloniale ha prodotto poca letteratura ed è un peccato. Probabilmente, anzi sicuramente dipende dalla tendenza culturale italiana di voler accantonare/rimuovere quel periodo, vissuto come politicamente scorretto e legato al fascismo. Ed è falso, perché la presenza italiana in Africa risale alla fine dell’Ottocento e anche dopo la guerra, a colonialismo finito, decine di migliaia di italiani rimasero in Libia, Etiopia, Eritrea e Somalia.

 

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