Tsitsi Dangarembga - Nevrosi - recensione di Habté Weldemariam

Tsitsi Dangarembga

Nevrosi

traduzione di Stefano Pirone

Pidgin Edizioni, 2024

 

Scritto con una lingua schietta, come il contesto in cui la protagonista si trova a crescere è, di fatto, un romanzo di formazione ed emancipazione: dove emancipazione non è riscatto, ma consapevolezza. Nevrosi, ha vinto il Commonwealth Writers Prize ed è stato "salutato come una delle opere più significative della letteratura africana del XX secolo".

Evocativo e duro, è un romanzo potente che esplora la sottomissione in diverse forme - razziale, di genere, di classe - e la nevrosi della condizione postcoloniale.

I lettori incontrano Tambudzai, una precoce ragazza africana di campagna che non ha altro futuro se non quello di vivere in una fattoria della Rhodesia con la sua famiglia fino al matrimonio. È la storia di una giovane donna Shona, la maggiore di quattro figlie che crescevano nella Rhodesia del Sud degli anni '60 e '70 prima che il paese ottenesse l'indipendenza dalla Gran Bretagna e diventasse Zimbabwe.

È il primo romanzo scritto da una donna di questo paese a essere tradotto in inglese, e poi in altre lingue. L'esordio semi-autobiografico di Tsitsi Dangarembga fu pubblicato per la prima volta nel 1988, quando vinse il premio Commonwealth Writers. Da allora è diventato un punto fermo nei corsi di letteratura inglese ed è ora ripubblicato con un'introduzione accademica.

È una storia di formazione che soddisfa tutti i requisiti per gli studenti saggisti (colonialismo, genere, razza) e fornisce una miniera di informazioni sulle usanze Shona. Come il suo creatore, Tambudzai è acuta e inesorabilmente, comprensibilmente, insoddisfatta. Ha una visione spietata della sua vita, della sua famiglia, dei suoi amici, dei suoi datori di lavoro e della società; il suo trauma e le sue battaglie si svolgono sullo sfondo della nazione e ne riecheggiano il percorso: la guerra d'indipendenza, la speranza di liberazione, poi le delusioni del nuovo ordine.

Dangarembga solleva questioni su cultura, conflitto, sfollamento, relazioni familiari, coscienza ed emancipazione in una società postcoloniale. A un altro livello, illustra ciò con cui i bambini cresciuti tra due culture potrebbero dover fare i conti come appunto la protagonista, una giovane ragazza determinata che manovra sia gli ostacoli patriarcali che imperiali per ottenere un futuro ambiguo. In questo senso il romanzo offre una risposta alla domanda su come una persona "doppiamente colonizzata" possa liberarsi dai vincoli delle barriere neocoloniali e culturali. Tambudzai sogna, un giorno o l’altro, di ricevere un’educazione che le permetta di emanciparsi dalle limitazioni della sua vita in un villaggio rurale della Rhodesia, l’attuale Zimbabwe.

 

Ricordiamo che l’autrice, aperta alle influenze, leggendo un saggio dello scrittore nigeriano Teju Cole, intitolato Unmournable Bodies, sugli attacchi terroristici a Charlie Hebdo a Parigi, decide di invertire l'idea e di intitolare un altro suo libro: This Mournable Body (Questo corpo doloroso).

A proposito di titoli, Nevrosi ha avuto la prima edizione italiana nel 2007 con il titolo La nuova me. Nevrosi è stato chiamato così anche altrove, prendendo spunto da un verso nell'introduzione di Jean-Paul Satre a “I dannati della terra” di Frantz Fanon: "Lo status di 'nativo' è una condizione nervosa introdotta e mantenuta dal colono tra i popoli colonizzati con il loro consenso."

Divenuto un classico moderno nel canone letterario africano del XX secolo, Nevrosi porta alla politica della teoria della decolonizzazione, l'energia dei diritti delle donne. Questo libro è un'opera di visione. Attraverso la sua abile negoziazione di razza, classe, genere e cambiamento culturale, drammatizza il "nervosismo" delle condizioni "postcoloniali" che ancora tormenta intere popolazioni, nonostante il tempo trascorso dalla fine del colonialismo. In Tambu e nelle donne della sua famiglia, le donne africane vedono loro stesse, che siano a casa o sfollate, impegnate quotidianamente in una battaglia con il proprio mondo in cambiamento con un misto di tenacia, smarrimento e grazia.

In ogni modo, Dangarembga, nel libro introduce una delle voci più inquietanti, brucianti, della narrativa moderna. "Non mi è dispiaciuto quando è morto mio fratello", dice la narratrice Tambudzai, allora una ragazzina di 13 anni cresciuta nella povertà rurale della Rhodesia razzista e bianca. Lei non solo è una cittadina di seconda classe in virtù della sua razza, è anche una donna in una società gestita da e per gli uomini. Lo zio Babamukuru, preside di una missione cristiana, sponsorizza l'istruzione del fratello di Tambudzai, Nhambo. Come fratello maggiore e unico maschio, il futuro dipende da Nhambo, usando l'istruzione per elevare la sua famiglia lontano dalle loro condizioni primitive. Dare istruzione agli uomini vuol dire elevare l'intera famiglia in modo che siano considerati i membri più prestigiosi della società della Rhodesia. Nhambo sviluppa un senso di arroganza nei confronti della sua famiglia, in particolare nei confronti delle sue sorelle più giovani, ricordando loro che sono ragazze e che la fattoria è il loro futuro.

Ma Nhambo muore all’improvviso, per una malattia apparentemente sciocca, avremmo detto oggi. La morte di suo fratello significa che ora anche lei ha la possibilità di ricevere un'istruzione, un privilegio precedentemente riservato a lui. Infatti, lo zio Babamukara decide di sponsorizzare l'istruzione di Tambudzai perché sente che la famiglia ha ancora bisogno di qualcuno che la tiri fuori dalla povertà.

Le permette allora di studiare al posto del fratello, aprendole così le porte a una vita più agiata. Tambudzai accetta volentieri il fardello, inseguendo il sogno di un’educazione superiore. Ma la realtà è sempre diversa da come la si immagina. Le persone che incontrerà, le sue stesse aspettative, saranno testimonianza di un passato coloniale duro a morire, gravoso, maschio. Nonostante sulle sue spalle gravino le speranze economiche dei suoi genitori, fratelli e famiglia allargata, dentro di lei arde il desiderio di indipendenza. Desidera ardentemente liberarsi dai vincoli del suo villaggio rurale e pensa di aver trovato una via d'uscita quando il suo ricco zio si offre di sponsorizzare la sua istruzione.

Ma presto scopre che l'istruzione che riceve nella sua scuola missionaria ha un prezzo che lasciamo scoprire al lettore. Diciamo solo che Nevrosi ci mette di fronte ai problemi dell'istruzione occidentale e della religione giudaico-cattolica come meccanismi irrisolti di futuri vincoli nella vita dei suoi personaggi. Con immensa speranza nel futuro, Nevrosi ci dice anche che un rifiuto totale ai valori di sottomissione e repressione, provata dalle donne del mondo post-coloniale, non è privo di ascoltatori.

Una nota personale per concludere.

Storia interessante e sentita, naturalmente, ma ho avuto la sensazione nel finale di una sorta di incompletezza, lasciando il lettore a chiedersi cosa volesse realizzare l'autrice con una storia che si conclude bruscamente così come era iniziata, più o meno a metà. Per quanto ho capito, questo è il primo libro di una trilogia di libri con Tambu, il che potrebbe spiegare perché il finale è così brusco, ma ho anche avuto la sensazione che non si sia concluso con un cliffhanger (1) o con un innesco esplicito per prendere il libro successivo. In ogni caso, mi ha fatto ricordare, in particolare due romanzi, che avevo letto molti anni fa quando preparavo un saggio su “Il contributo etnologico ed antropologico nella letteratura africana”. Si tratta di "Cereus Blooms at Midnight” (CBAM) (Cereus fiorisce a mezzanotte) della scrittrice trinidadiano-canadese Shani Mootoo, pubblicato nel 1996, e di “God of Small Things” (GOST) (Dio delle piccole cose) della scrittrice indiana Arundhati Roy, del 1997, che esplorano il tema dei personaggi che cercano di definirsi al di fuori dei tradizionali modelli di repressione incontrati universalmente dalle donne nella società postcoloniale. Questa sorprendente somiglianza nell'argomento e nei temi di Nevrosi, rende interessante il confronto, per avere una conclusione degna di questo bellissimo romanzo. I due romanzi presi in confronto, rappresentano personaggi che si sono staccati dalle norme sociali e hanno trovato la felicità, gli autori di CBAM e GOST confermano la possibilità di un'alternativa al ciclo di oppressione femminile che Nevrosi sfida ma non sconfigge. Nel rispondere all'ambiguo finale di Nevrosi, Roy e Mootoo hanno utilizzato la tecnica del "realismo magico" per offrire una narrazione alternativa al superamento della repressione della "doppia colonizzazione": l'uso di eventi soprannaturali tra gli scrittori postcoloniali che considerano uno spazio immaginario come un'opportunità per ricordare identità e storie in modo diverso, utilizzando eventi magici e irreali. CBAM e GOST consentono al lettore di immaginare una realtà diversa, che trascende la normalità e dà al lettore la sicurezza di abbracciare un futuro ottimista e pieno di speranza. Ho letto una volta una prefazione a "I dannati della terra” di Fanon che evidenzia l'idea di usare immagini e situazioni fantastiche, "È il grande contributo di Fanon alla nostra comprensione del giudizio etico e dell'esperienza politica inquadrare insistentemente le sue riflessioni sulla violenza, la decolonizzazione, la coscienza nazionale e l'umanesimo in termini di regno psico-affettivo: il corpo, i sogni, le inversioni psichiche e lo spostamento, le identificazioni politiche fantasmatiche." Il principale dei temi della psico-affettività e del realismo magico usati in CBAM è l'ambientazione della storia nella mitica isola di Lantanacamara. Ambientando la storia in un luogo che non fa parte della realtà nota al lettore, Mootoo fornisce lo sfondo necessario per una fuga dagli schemi accettati di repressione e controllo. Un'altra nota più sottile di realismo magico si riscontra nel personaggio di Otto: nato come donna ma che vive la vita come un uomo, le sue qualità femminili vengono soppresse insieme al ricordo della comunità dei suoi primi anni di vita come donna. L'incapacità della gente di Lantanamacara di ricordare che Otto era originariamente una donna (Otoh) è una delle tante premesse che sarebbe difficile accettare al di fuori di un mondo colorato dalla psico-affettività. Dal suo canto, includendo il soprannaturale nella storia, GOST impegna il lettore a pensare oltre il già noto e a considerare situazioni e risultati al di fuori della normale esperienza umana.

 

 

(1) Nel vocabolario tecnico della narratologia, un cliffhanger (in italiano finale sospeso) è un espediente attraverso il quale si conclude una determinata trama in realtà non fornendo un epilogo netto e definitivo, ma lasciando intendere che la storia debba per forza continuare in capitoli o titoli successivi.

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