Wole Soyinka - Cronache dalla terra dei più felici al mondo - recensione a cura di Rosella Clavari

 

 

Wole Soyinka

Cronache dalla terra dei più felici al mondo

La nave di Teseo, 2023

traduzione di Alessandra Di Maio

 

La storia che Soyinka ci racconta è ispirata a fatti veri e a persone realmente incontrate nel corso della sua travagliata esistenza ; amici come Femi Johnson e altre persone che hanno pagato con la vita il loro desiderio di libertà.

Lo stesso Soyinka, primo scrittore africano ad essere insignito del Premio Nobel nel 1986, è stato incarcerato, su di lui pesava una condanna a morte e fu poi costretto all’esilio dalla dittatura militare di Sani Abacha. In questo romanzo è messa a nudo la realtà della sua terra, una realtà fatta di corruzione, intrighi politici a livello di esponenti principali del mondo economico, politico, religioso o pseudo-religioso e altro ancora. Non si salva nessuno dalla sete di potere e di denaro in questa lunga e minuziosa indagine. E’ anche vero che su questa realtà storica prende il sopravvento la foga immaginifica dello scrittore per cui la soglia tra metafora, dimensione surreale e reale diventa alquanto labile.

La sua espressione letteraria che ha privilegiato la poesia e il teatro, torna qui ( dopo 48 anni) al romanzo; la matrice teatrale è molto evidente nella frequenza e spessore dei dialoghi e il tono a volte ironico, a volte crudo o tragicomico.

Nonostante il poderoso numero di pagine, si legge speditamente per il meccanismo avvincente dei fatti che si susseguono unitamente a un profilo psicologico ben delineato dei personaggi. Si presterebbero all’adattamento filmico in un serial, le vicende di questa borghesia nigeriana, contrapposta, nella sua volontà di interventi civilizzatori sulle cittadine intorno a Lagos, alle popolazioni dei villaggi retrogradi da cui proviene il protagonista, Kighare Menka. Pur essendo il protagonista, entra in scena solo dopo un terzo del libro: di umili origini, è un chirurgo di fama, assunto alle cronache mondane per aver ricevuto il Premio Nazionale all’Eccellenza. Dai tempi dell’università, ora ha quasi sessant’anni, la sua vita si è intrecciata con quella di altri tre amici con cui costituiva la cosiddetta Banda dei Quattro: Faradion il sognatore, abile nelle parole e nell’inventiva che aveva fatto perdere da un po’ di anni le sue tracce, Duyole la mente della banda, ingegnere stimato, Badetona detto il Beffardo, genio matematico e revisore contabile interno ( che uscirà fuori di senno dopo una tortura psicologica subita) . Ciascuno,dopo una gioventù da studenti condivisa, prenderà strade diverse ma quelli che rimarranno uniti fino alla fine saranno Menka e Duyole, sfidando non solo la mentalità della famiglia ma anche il corrotto mondo che li circonda. Menka ha fatto un’atroce scoperta: un commercio di carne umana. Tutto ciò avveniva a sua insaputa per compiere rituali macabri di propiziazione. Cibarsi di quella carne era una pratica appoggiata anche da alcune sette religiose sincretiste. Uno dei santoni che viene qui descritto è Papa Davina che cambierà il suo nome più volte, segno delle numerose metamorfosi attraversate nella sua serpentina personalità assetata di anime, fino a quella sorprendente finale.

Dunque Menka, la stella del firmamento della medicina che ha onorato la sua professione con il suo lavoro di chirurgo a favore delle vittime di Boko Haram - e nel contesto del racconto scopriamo che anche i suoi genitori erano stati uccisi da terroristi predecessori di Boko Haram – improvvisamente si rende conto di non essersi accorto di niente: il suo staff, i suoi assistenti vendevano scarti di corpi umani da anni, proprio sotto il suo naso e lui non sapeva nulla del commercio di carne umana. Tuttavia anche lui aveva commesso un errore perché non si era tirato indietro di fronte all’ordine di amputare chirurgicamente un braccio a un uomo condannato secondo i precetti della sharia.

Nelle interviste rilasciate negli ultimi anni, Soyinka ha sottolineato la presenza del fondamentalismo religioso in Africa e il pullulare di comunità con sincretismi religiosi e velleità di potere molto marcate. Nella sua biografia “Ake, gli anni dell’infanzia” (1981), in “of Africa” (2015) e in “Sul far del giorno” (2016) si dimostra denigratorio nei confronti di qualsiasi potere e anche di assunti fondamentali come la religione e l’esistenza delle nazioni. Oggi è meno assoluto su quest’ultimo punto e riconosce che l’Islam fondamentalista sta distruggendo molte nazioni africane.

Per tornare al romanzo, l’amico di Menka che lui definisce suo gemello, è Duyole, ingegnere e agente immobiliare di successo che aveva fatto edificare a Badagry le Millenium Towers, costruendo grattacieli a imitazione degli americani e grandi complessi commerciali “rubando spazio al verde, ai campi da gioco, al lungomare lasciato in eredità dai colonizzatori”. Dovendo andare in America avrà modo di riflettere sul confronto tra la mentalità africana e quella afroamericana : “L’America è il prodotto di una cultura schiavista, la sua prosperità deriva da secoli di crudeltà razzista. Qui è diverso. Quello che succede qui da noi affonda le radici in qualcosa di molto più profondo: nell’anima [ …] Non c’è più un’anima collettiva, condivisa. Si è rotto qualcosa dentro”. Si riferisce agli effetti deleteri del post-colonialismo in Africa.

Vive un conflitto interiore come il suo amico Menka e sente il distacco dalla famiglia di origine che sembra seguire le sette del fanatismo religioso con quanto di disumano ne possa scaturire.

Nel contesto della vicenda, si contrappongono due mondi: Lagos e Badagry. I Pitan-Payne la famiglia di Duyole, vivevano ed erano cresciuti a Lagos. La vera famiglia di Duyole però è costituita dalla gente, dagli amici e i colleghi dell’aristocratica cittadina di Badagry. Dalla sua famiglia d’origine era scappato per una diversa percezione del mondo. Badagry ( la piccola città simbolo del nuovo progresso) è ciò che l’antico villaggio di origine, Gumchi, rappresenta per l’amico-gemello Menka.

Di fronte a una realtà così frammentata e segnata dalla crudeltà, Menka riflette sul fatto che si parla tanto degli squilibrati pronti a uccidere, nell’ambito del terrorismo, “ma che dire dei sani di mente, o almeno di chi definiremmo sani di mente? [...] In fin dei conti tutte queste barbarie non convergevano sempre verso lo stesso punto, la negazione o almeno la prospettiva della fine dell’umanità?”.

La trama che ad un certo punto si tinge di giallo, ci induce a non rivelare l’andamento dei fatti, le scoperte e le rivelazioni improvvise, i colpi di scena, soprattutto circa il destino dei quattro amici che si conoscono dai tempi dell’università. Tra le descrizioni più efficaci, ricordiamo le vicende tragicomiche di un funerale celebrato a Salisburgo e della conseguente esumazione per riportare il corpo in Africa, a Badagry ; a tale riguardo, assistiamo alle assurde negoziazioni , plateali forme di corruzione o ricerche di soluzioni diplomatiche per superare gli ostacoli burocratici.

 L’ Africa descritta da Soyinka è un inferno che anziché popolare i gironi di dantesca memoria, trova collocazione nei salotti buoni della borghesia nigeriana, nei saloni dei libri, nei club privati manageriali e presso le comunità religiose che producono rituali con sacrifici umani; anche tra le pareti domestiche di insospettabili personaggi considerati perbene, in realtà stupratori di bambine e capaci di scagionarsi accusando delle loro nefandezze esclusivamente il diavolo. Il variegato mondo rappresentato dall’autore, quella “terra dei più felici al mondo” definita così dai suoi potenti, arricchiti sostenitori, non risparmia nessuno dalla menzogna.

Dov’è allora lo spazio della ricostruzione, del timido affacciarsi della speranza? Sembra non esserci speranza per l’uomo se non nell’amicizia e il protagonista agirà sempre in nome dell’amicizia, di un patto stretto molti anni prima con il suo amico gemello Duyole.

Ben Okri ha definito questo romanzo il più grande di Soyinka, scritto nella piena maturità dell’artista. Dati i numerosi riferimenti biografici, possiamo dire che rappresenta quasi un testamento e una dolorosa denuncia dello stato del continente africano, in particolare della Nigeria, con tutte le implicazioni possibili a livello interno e internazionale.

 

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