Giuseppe Catozzella
Non dirmi che hai paura
Universale Economica Feltrinelli, 2022
L'autore, giornalista e scrittore, ha vinto nel 2014 il premio Strega Giovani con questo testo edito da Feltrinelli. Da allora il romanzo ha avuto numerose traduzioni e riedizioni, l'ultima del 2022, da cui è stato tratto il soggetto per il film che porta il medesimo titolo del libro, attualmente in programmazione.
Il film è diretto dalla sceneggiatrice e regista tedesca di origine turca Yasemin Samdereli, coadiuvata dalla videomaker e fotografa Deka Mohamed Osman, italiana di origine somala. Il soggetto si avvicina a quello di Io Capitano di Garrone: ragazzi che inseguono sogni e spendono tutto se stessi per raggiungerli, affrontando i pericoli del Viaggio ( per antonomasia la traversata del deserto del Sahara e del mare Mediterraneo) e anche la morte, come nel caso di Samia, la giovane atleta protagonista del romanzo e del film. Certo lo sguardo di Garrone è molto diverso: quello delle due registe resta più didascalico e semplificante, forse perché pensato e confezionato per un pubblico giovanile che sa molto poco della situazione somala. Azzeccate le scelte degli attori, soprattutto Samia bambina e adolescente.
Tornando al testo di Catozzella, la sua particolarità è che riporta una storia vera cui l'autore ha reso un omaggio commovente, non risparmiando al lettore nessuna bruttura e crudeltà contenute nella vita reale di Samia Yusuf Omar. La storia ci parla di una ragazzina nata per correre, magra, leggera come un uccellino, i cui piedi quasi non toccano terra e che sembra letteralmente volare, spinta dal vento che spira costante su Mogadiscio. Appartiene ad una famiglia modestissima: il padre ha una bancarella di abiti usati, la mamma si arrangia a far quadrare il magro bilancio famigliare, tuttavia i genitori riescono a dare una istruzione anche a Samia e alla sorella maggiore Hodan. Abitano in due stanze (una per i sei fratelli, l'altra per i genitori) e condividono il cortile, la cucina e il bagno esterno con una famiglia di un clan diverso, quello dei Darod, odiato dagli integralisti.
La famiglia di Samia, come tutto il quartiere di Bondere, appartiene all'etnia abgal, sottoclan degli Hauia, diventato potente dopo la guerra civile scatenata per la cacciata di Siad Barre, esiliato nel '91; questo clan è ormai aderente, dopo le corti islamiche, al gruppo più radicalizzato di Al Shabaab. Questi ultimi cercano ragazzini, bambini anche, da radicalizzare, offrendo ai genitori la sicurezza di un alloggio, di cibo quotidiano, di istruzione, ma diffondendo tra loro l'uso del kat, la droga dell'est africano. Ma le due famiglie sono in pace ed amicizia, dato che i due padri provengono dallo stesso villaggio. Il padre di Samia insegna ai figli la solidarietà e la pace: infatti il miglior amico della ragazzina è Alì, il figlio più piccolo dei vicini: anzi i due si sono giurati di essere per sempre fratello e sorella. I due, incuranti della guerra, corrono sempre per i vicoli del quartiere, nelle stradine verso il mare, travolgendo tutti e tutto ciò che incontrano.
Sono molto belle le pagine dedicate all'infanzia felice e spensierata della protagonista, a dispetto della povertà e delle restrizioni culturali via via sempre più cogenti degli integralisti: le corse, i giochi, le prime gare cittadine vinte da Samia, le canzoni e la musica composte dalla sorella Hoda, il gigantesco eucalipto, casa rifugio dei due ragazzini, soprattutto di Alì. Il padre di Samia sprona la figlia a sognare, a superare gli ostacoli, a non avere mai paura, finchè un brutto giorno, al mercato incappa in un attentatore che volendo cogliere il suo vicino darod sbaglia colpo e lo atterra facendogli perdere l'uso di una gamba. La povertà della famiglia si fa più preoccupante. Intanto Alì, dichiaratosi allenatore dell'amica atleta, la sottopone a estenuanti esercizi e prove. Nelle gare cui partecipa Samia si annuncia come allenatore, suscitando ilarità generale, ma per la ragazza è importante che lui si occupi dei suoi allenamenti e la incoraggi. Arrivano le gare nella Somalia del nord, autoproclamatasi indipendente e anche a Gibuti e in Etiopia. La piccola guerriera, come la chiama suo padre, si trova a partecipare alla Olimpiadi di Pechino del 2008, notata finalmente dai comitati olimpici somali. Ma la sua vita nel frattempo sta cambiando: sua sorella non può più suonare e cantare in pubblico, sono proibiti musica e cinema, gli sgargianti vestiti delle donne somale sono ormai un ricordo: domina il lungo burqa nero. La famiglia del suo amico d'infanzia se ne é dovuta andare, Alì ha non può non seguire il padre; da tempo ormai non è più il suo allenatore di notte nel fatiscente stadio di Mogadiscio, dove sono costretti ad andare di nascosto, per eludere la sorveglianza degli Shabaab, che pretendono che lei corra con la gonna e il lungo burqa che la fa sudare; sua sorella ha affrontato il Viaggio e si trova ormai nel nord Europa.
Samia non vince a Pechino nel 2008 nei 200m e nei 100 m: si accorge che non è all'altezza delle sue colleghe, dai polpacci torniti, scolpiti anche da una adeguata alimentazione, con scarpe e tute di gara, fatti di tessuti tecnologici all'avanguardia e arriva ultima pochi secondi dopo la vincitrice. Ma il pubblico si esalta per questa smilza e piccola atleta diciassettenne, proveniente da un paese in eterna guerra. Dopo la vincitrice, le interviste sono tutte per lei: si arrabbia, non capisce perché questi occidentali si commuovono per una perdente e dice ”intervistatemi quando vincerò”...
Diventa l'idolo delle donne musulmane oppresse perché ha corso senza velo. Ma ciò le attirerà le vessazioni degli integralisti, al suo ritorno in patria. Dopo un periodo in Etiopia, dove non arriveranno mai i documenti dalla Somalia, facendo di lei una clandestina, a Samia non resta che il Viaggio, per continuare il suo sogno delle Olimpiadi di Londra, dove vorrà avere il suo riscatto. Non riveliamo dei colpi di scena che la rinforzano nella sua decisione di andarsene dalla Somalia, che lei ama tantissimo, prima in Etiopia e poi verso l'Europa. Il resto segue un copione collaudato nella realtà: Somalia, Sudan, Libia, in camion blindati dove non si respira, in jeep da dove si cade ma nessuno si ferma a raccoglierti, venduti ad altri trafficanti, ai poliziotti libici che li imprigionano e violentano finché non pagano ancora una volta il maledetto viaggio per mare. Sua sorella invia i soldi che la salvano e la conducono al barcone per l'Italia, con la speranza di raggiungere l'Inghilterra per seguire la strada già percorsa dall'esule somalo Mo Farah, divenuto corridore campione olimpico, suo idolo fin da ragazzina. Non raggiungerà mai la nave costiera italiana che incontra il suo barcone in panne in mezzo al mare: nel tentativo di raggiungerla, si getta con altri tra le onde. Il mare per lei era stato solo un paesaggio da ammirare dalle spiagge di Mogadiscio, ma non aveva mai imparato a nuotare.
Di lei ci rimane qualche video delle Olimpiadi di Pechino e soprattutto il suo indomabile coraggio nel perseguire un sogno di una vita libera. La scrittura dell'autore ci regala un personaggio indimenticabile, sottolineando tutte le sfaccettature del suo carattere e la sua capacità di non arrendersi mai.