Hafid Bouazza - Paravion - a cura di Rosella Clavari

 

 

 

 

 

 

Hafid Bouazza

 Paravion

Carbonio ed.2020

traduzione dall'olandese di Laura Pignatti

 

Cominciamo col dire che l'autore, nato in Marocco, all'età di 7 anni è emigrato in Olanda con la famiglia e lì, ad Amsterdam, è iniziata la sua carriera che lo ha portato ad essere considerato uno dei maggiori rappresentanti della letteratura olandese.  Questo per rendere omaggio anche all'ottima traduzione di Laura Pignatti.  Bouazza è anche traduttore di testi classici arabi, di Shakespeare, Marlowe e Baudelaire. La cultura d'origine si sposa in lui a una solida preparazione e conoscenza dei classici europei.

La storia di Paravion è questa:  il nome stesso è nato da un equivoco. In uno sperduto villaggio della Morea ( nella regione del Peloponneso o villaggio immaginario ) il postino, che arriva su uno scassato ciclomotore Solex,  recapita delle lettere che provengono dal paese estero dove sono emigrati i compaesani; dato che il timbro sulle lettere riporta la scritta ParAvion, verrà fraintesa per il nome del paese da cui provengono. Paravion è la città del desiderio, dei sogni, dove tutto funziona bene, dove le donne si concedono, dove regna l'ordine e la pulizia. Così sette uomini che hanno ingravidato sette donne nello stesso periodo, partono a bordo dei loro tappeti volanti verso Paravion. Le donne daranno alla luce sette femmine. Unico maschio iniziato alla vita sessuale e circondato dalle donne del villaggio abbandonato, sarà Baba Baluk; sia il padre che il nonno che portano il suo stesso nome, sono partiti da tempo per Paravion. La madre, la bellissima Mamurra, è morta dandolo alla luce. Mamurra era una trovatella raccolta e  allevata dalle giamelle siamesi Cheira e Heira, considerate delle streghe dalla gente del villaggio perché facevano uso di erbe magiche e anche per la loro deformità fisica che le teneva sempre congiunte e inseparabili.

Bastano pochi tratti della trama per capire che ci troviamo in un clima da favola araba, per noi italiani evoca anche le fantasiose e grottesche favole de “Il racconto dei racconti” di Giambattista Basile. Spesso troviamo l'incipit “Ascolta” e “Guarda” tipico della narrazione orale da cui si snodano le tante storie dei personaggi coinvolti: il venditore di tappeti, il carrettiere, il maestro scrivano, il bambino Senunu, troppo sensibile per toccare terra, che si trasforma in rondine, la splendida Mamurra e il marito Baba Baluk odiato dalla gente del posto per via del colore nero della sua pelle, le donne del villaggio capeggiate dalla sensuale  Quadryge. 

Ma non si tratta solo di una fiaba, o meglio attraverso la fiaba l'autore disegna una grande allegoria  sul dramma intimo di chi parte verso nuovi mondi e si sente sempre straniero, a disagio nella propria patria così come fuori di essa.  E' stato definito anche un romanzo distopico per l'impietosa indagine che fa emergere la negatività del mondo antico, maschilista, lasciato alle spalle, e le contraddizioni del nuovo che non porterà a niente di buono. In Paravion molti possono trovare somiglianza con la cosmopolita Amsterdam, ma potrebbe essere una qualsiasi grande città del mondo globalizzato.

C'è anche il discorso di una infanzia negata, bambini abbandonati o picchiati :“qualcuno dovrebbe calcolare quanti litri di lacrime vengono versati durante l'infanzia”. Tuttavia prende rilievo poetico l'immagine bucolica della natura che fa da  sfondo ai primi amori e ai riposi del pastorello: “sotto gli alberi di fichi c'era un bagliore color verde assenzio. Baba Baluk mangiò il suo pane con le olive e il formaggio, poi cominciò ad assopirsi. Il ronzio di un ciclomotore invisibile lo fece sobbalzare.[...] In sottofondo il cuculo contò un'eternità di ore senza stancarsi, i grilli frinivano, il ruscello gorgogliava in molte lingue. Dolce gli giungeva all'orecchio, plasmato dal sogno, lo scampanio delle capre”. Un linguaggio che segue una linea onirica, sensuale, immaginifica durante tutto il racconto con frequenti, improvvisi flasback. E frequenti metamorfosi: il carrettiere che faceva lo spaventapasseri, il bambino Senunu che voleva volare per arrivare sempre primo e si trasforma in rondine, le anime dei morti che si trasformano in civette bianche volate via dal cranio delle salme.

Ma com'è la vita nella fantasticata Paravion?  Radunati nella sala da tè del Bar Zach, i sette uomini che hanno lasciato la Morea , passano il tempo bevendo bevande taroccate e parlando di marche di computer, auto, televisori, a botte di Grundig. Telefunken, Mercedes Benz.  E' il luogo in cui si incontrano anche donne disponibili, come Marijken che il venditore di tappeti chiama Marika, associandola ai ricordi del suo paese; lei è un'alcolizzata e la figlia Mamette, tossicodipendente, rimarrà incinta del maestro, unico segno di vita vera nel mondo irreale delle sue allucinazioni.

Gli uomini venuti dalla Morea condividono con gli avventori del locale le stesse conversazioni, gli stessi pasti e le stesse camere da letto. Ma la malinconia non li abbandona, e non è tanto nostalgia quanto una sensazione netta: “era la malinconia di un'esistenza in un mondo che era nato senza di loro e nel quale la loro presenza non era indispensabile. […] Avevano nostalgia non della terra rossa della Morea, ma del ruolo che avevano lì.”  Il finale verrà a svelare il contenuto della prima lettera recapitata ParAvion....che non anticipiamo.

Un libro da gustare  nella sua effervescenza di suoni, luci, colori, particolari narrativi e su cui anche riflettere a proposito dei diversi volti dell'emigrazione.

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