La zingarata della verginella di Via Ormea (a cura di Giulia De Martino)

Amara Lakhous, La zingarata della verginella di Via Ormea (a cura di Giulia De Martino)

Edizioni e/o

Non c’è granché bisogno di spremere la fantasia per sviluppare uno spunto narrativo per uno scrittore come Amara Lakhous, così  attento lettore della realtà italiana: la cronaca offre trame che superano ogni invenzione, paradigma di una Italia in declino ma anche in profonda trasformazione sociale. Sarà per questo che si è affezionato al personaggio di Enzo Laganà , una sorta di alterego dell’autore, giustappunto giornalista di cronaca nera con ambizioni di giornalismo investigativo. L’avevamo già visto in azione in CONTESA PER UN MAIALINO ITALIANISSIMO A SAN SALVARIO alle prese con una presunta guerra tra rumeni ed albanesi e anche con imbrogli molto, molto più grandi di lui…
Questa volta la focalizzazione è sui rom: e non per dire buonisticamente che non rubano, non mendicano, non sfruttano i bambini, ma per sottolineare come i pregiudizi nei loro confronti, così radicati nell’italiano medio di  destra o di sinistra che sia, ne fanno spesso e volentieri  un capro espiatorio perfetto.
Questa volta lo scrittore  costruisce un racconto a due voci, affiancando a Laganà, una bancaria pentita, in vena di profondo ripensamento dei valori intorno a cui ha costruito la propria vita, che fa una scelta radicale: cambia identità e si fa zingara in un campo rom, per cercare, sotto mentite spoglie,  di rimediare alle ‘porcate’ fatte a nome della sua banca, ai danni soprattutto dei piccoli risparmiatori. Una di loro, una vecchietta ottantenne, si va a suicidare davanti alle finestre della sua casa, in segno di estrema protesta: questa volta la rampante bancaria non può restare indifferente al tragico accaduto.
 Le due storie scorrono parallele e gli incroci sono offerti dalla denuncia  di una ragazzina di aver subito uno stupro perpetrato, secondo le sue dichiarazioni, da due giovanissimi rom di un campo vicino al Parco Valentino: non tarda la reazione dei sobillatori di turno che vanno ad incendiare le roulotte degli zingari mettendo a repentaglio la vita di una donna e di un bambino per punirli del presunto stupro. La donna che finisce in ospedale è proprio la nostra bancaria, ormai di professione indovina e accattona.
 Laganà comincia a sospettare che  sia tutta una montatura, a partire dalla bugia di una ragazzina timorosa che la sua religiosissima famiglia venga a conoscenza della sua ‘prima volta’, nonostante i divieti e le promesse fatte alla nonna di arrivare vergine al matrimonio.
I due personaggi consentono all’autore di poter spaziare su due filoni : uno legato sempre alla destrutturazione dei pregiudizi, al fenomeno delle pluridentità culturali, ai  meccanismi di manipolazione della stampa,  che Amara conosce assai bene, avendo lavorato nel settore. L’altro legato alla rapacità delle banche, alla finanza che crea soldi coi soldi, meglio se altrui, alla insensibilità e alla lontananza di questo ambito dai problemi della gente comune.
 Insomma, sembra chiedersi l’autore, perché sembra suscitare di più la nostra indignazione il furto di un portafoglio di una zingarella  piuttosto che le sistematiche ruberie delle banche, così ben mascherate da non sembrare tali?
 Non mancano mai, attraverso una serie di figure femminili, già apparse nel precedente romanzo, la fidanzata finlandese, la supermamma calabra, la zia Quiz e la domestica rumena, frecciate al maschio italico, o forse anche arabo: sembrano una internazionale cospirativa ai danni di un prototipo maschile che non vuole legami responsabili e duraturi, rea di attentare alla sua libertà infinita e tutto sommato, infantile…
A Roma aveva ambientato due romanzi, sempre tra giallo e commedia all’italiana,ma non in modo generico: questo scrittore ha sempre bisogno di sentire pulsare , toccare, annusare i quartieri di cui parla e lo stesso ha fatto con Torino, città nella quale si è trasferito, forse solo per un po’sospettiamo…I suoi testi recano anche nel titolo, in cui sono presenti i nomi delle strade o delle piazze in cui si ambientano,un bisogno di incarnarsi da italiano, pur gettandogli sopra, acutamente, lo sguardo del diverso culturale.
Una lingua italiana semplice e pacata, un umorismo a tratti sottile a tratti sarcastico,una miriade di informazioni e riflessioni offerte ai lettori, a volte in maniera un po’didascalica, sugli argomenti della italianità e dell’antitalianità, su episodi che sempre più spesso i nostri connazionali vogliono dimenticare, fanno della lettura di questo testo un modo profondo e divertente di leggere la nostra storia e i nostri cambiamenti, in meglio o in peggio che siano.

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